110 CAPITOLO V. e rimase tradizionale fra glij artisti, lungo tempo dopo la sua morte, una caricatura, scolpita in legno dall’intagliatore secentesco Francesco Pianta, che raffigura il pittore con la fronte corrugata, bizzarramente rannicchiato tra pennelli, pignatte e macinelli. Piena di eleganza la balda figura di Paolo Veronese, da lui stesso ritratta nel Convito di casa Levi. Nato a Verona nel 1527 circa da una modesta famiglia di lapicidi, s’era già fatto conoscere come valente pittore, quando, sul principio del 1555, fu chiamato a Venezia dal suo compatriota padre Bernardo Tolioni, priore dei gerolamini a San Sebastiano <2>. Paolo era d’indole schietta, generosa, gioviale, ma d’impeti subitanei, onde si attribuì a qualche occulta ragione la sua lunga dimora nel convento di San Sebastiano a Venezia; si volle anche fosse poi confinato a Zerman nel Trevigiano per qualche grave colpa; si credette perfino avesse ucciso per gelosia Giannantonio Fasòlo, quando insieme dipingevano la villa palladiana di Caldogno nel Vicentino. Da queste bugiarde accuse fu purgata la memoria del pittore, onesto, buono e modesto tanto, che volle il suo figliuolo Carlo apprendesse l’arte dal Bas-sano, "non credendosi egli capace d’insegnar-gliela ; e di quella sua creatura con paterno orgoglio diceva: « Carletto mi vincerà! ». Ordinato e sobrio, resse la famiglia con giusta parsimonia, così da accumulare un discreto patrimonio e poter acquistare a Sant’Angelo di Treviso, un podere composto di circa quarantacinque campi, con una bella casa padronale <3). S’era sposato il 17 aprile 1566 con la figlia di suo zio e suo primo maestro, Antonio Badile (m. 1560), la formosa Elena, che raffigurò giovine nel quadro La cena di Emmaus nella padrona di casa, riccamente vestita W; e già innanzi con gli anni e la casa del TINTORETTO. senza le tracce della beltà giovanile, in un ri- tratto, ora nel palazzo Pitti. Da Elena ebbe oltre a Carlo, un altro figlio, Gabriele, buon pittore anche questo, come notevole nella sala del maggior consiglio, gli si avvicinarono alcuni prelati e senatori, uno dei quali, vedendo che egli dipingeva con grande rapidità, non si peritò di osservare come Giambellino e altri andassero più a rilento, ma riuscissero, per compenso, assai più accurati e piacenti. Il Tintoretto rispose bruscamente che quei pittori potevano finir bene le loro opere perchè non avevano attorno tanti seccatori. (1) Non bene determinato l’anno della nascita di Paolo, da parecchi posta erroneamente al 1530. Il Burckhardt dà il 1528, ma è più probabile sia nato nel 1527, come si rileva da questa nota dei libri parrocchiali di Santa Cecilia in Verona: « 1541. Magister Antonius Badili pictor quandam Hieronymi ann. 60, Paulus ejus discipulus 14 ecc.». Cfr. Zan-nandreis, Le vite dei pitt., scult, e arch. veronesi, Verona, 1891, pag. 161. (2) Paolo ritrasse le sembianze del padre Tolioni nel San Francesco del quadro dell’altar maggiore nella chiesa di San Sebastiano. Il soffitto di San Sebastiano fu compiuto il 10 novembre 1555. La data si legge sopra un libro che due bambini reggono aperto in uno degli scompartimenti del soffitto. Si può adunque stabilire, o verso la fine del ’54r o nei primi del ’55, l’arrivo di Paolo a Venezia. (3) Pietro Caliari, Paolo Veronese, Roma, 1888, pag. 146. (4) Meissner, Paolo Veronese, Leipzig, 1897, pag. 74.