40 CAPITOLO II. se ne invocavano nel senato stesso, mentre dalla strada s’alzava la canzonetta popolare che, tra severa e scherzosa, biasimava chi non faceva onore al credito dello stato (1). La Repubblica dovette alla fine abbandonare il principio della libertà delle banche, per adottare quello della concessione privilegiata; nel 1584 deliberò, e dopo tre anni istituì, il banco della piazza, e nel 1619 aprì il banco-giro, amministrato dal governo. Mentre il tesoro dello stato si trovava in così gravi distrette, i patrimoni di non poche famiglie erano ancora ragguardevoli. La Repubblica ebbe sempre 1’ intento di non estenuare gli averi dei sudditi con eccessive gravezze. Per assestare l’erario e mettere in pari l’uscita con l’entrata, non si trascurò qualsivoglia espediente, persino poco decoroso, come il corso di monete impure e la vendita dei pubblici uffici, ma sopra ogni altra considerazione dominava il concetto di non inaridire con immoderati balzelli le fonti del lucro e del lavoro. In tal modo le ricchezze private non si esaurivano, e i signori veneziani potevano liberamente proteggere gl’ingegni che abbellivano la città con monumenti di magnificenza, di ricchezza, di eleganza, di gloria. (1) Una canzonetta, sul noto ritornello toscano La Sorgonghinà, la Sorgongà, cominciava: I TRE CAMERLENGHI O TESORIERI DELLO STATO. Particolare di un dipinto del Tintoretto rappresentante « Santa Giustina ». (Venezia, Accademia), Mercadanti, andé a valio, perchè el credito è spedìo, a parole, da qua in drio, no se crederà in marcà.... Ohimè Dio, che gran fracasso che ha da esser ! quanti al basso ha da andar; che adesso in spasso e in bagordi forse i sta! Pilot, La Sorgonghinà, la Sorgongà, in « Niccolò Tommaseo », Arezzo, 1905, anno II, n. 5. BASSORILIEVO DEL MONUMENTO AL GENERALE ALESSANDRO CONTARINI. (Padova, basilica del Santo)