54 CAPITOLO III. fu chiamata dal pevare. Tutti questi e altri provvedimenti, e le quotidiane elargizioni, pubbliche e private, che divenivano più generose in occasione della Pasqua, del Natale e di altre feste solenni, non bastavano a impedire che molti accattoni, quasi tutti d’altri luoghi, andassero elemosinando per le vie. Il Governo consapevole che « niuna « operatione in questo mondo sia più grata al nostro Signor Dio che aver cura et carico « de proveder alle miserabil creature sue », era però severissimo verso gli sfruttatori della pietà umana, i quali, coperto il volto, simulavano di appartenere a « optime fa-« miglie redutte in povertà ». Gl’impostori erano condannati alla carcere e ad esser fru-stadi a San Marco e Rialto, ed era fatto obbligo ai barcaiuoli, sotto pena de esserli bru-sate le barche, di non condur mendicanti dalla terraferma in città. La questua era permessa soltanto in certe contrade ai veri bisognosi, i quali erano obbligati di portar sul vestito « un bollettino in carta pecora sottoscritto dalli dar.™ Provveditori alla « Sanità, con il quale sarà concessa licentia di mendicare » <‘>. Pareva una grande ignominia et etiam cosa scandalosa che una folla di pezzenti, in gran parte venuta di fuori, andasse gridando con voci lamentose per le vie, corse da gente lieta e affaccendata, la quale poi si accalcava nelle botteghe e nei mercati, che, ricolmi d’ogni cosa mangereccia, davano un’aria festante alla città, dove nulla nasceva, ma tutto si trovava abbondante (2). Il canonico Casola, da buon ambrosiano, ammira la abundantia delle victualie e, chiedendo venia alla sua patria, qual credeva fosse la più abbundante, confessa che Milano non può competere con Venezia. Vero è che il Casola crede, erroneamente, che i Veneziani non si « curino troppo de mangiare, per essere tanto intenti a « le mercantie »(3), ma ciò nonostante il « loco dove se vendono le farine è così singolare «cosa, che al mondo non v’è una simile»; il pane è di tal bellezza e bontà, che soltanto a vederlo invita a reficiarsi l’homo etiam ben stomachato; in gran numero i polli e altre generationi d’uccelli per mangiare-, dei pesci è superfluo dire la immensa quantità; burri e formaggi più che a Milano, che deve essere el fondaco de ciò-, quanto poi alle frutta e agli erbaggi pare che tutti li zardini del mondo sorgano qui. Il buon milanese trova soltanto a ridire sulle carni, che si vendono con un grande pezzo de osso, e sui vini, che sono bensì in tal quantità quasi da non credere, ma, alla fine, si beve meglio a Milano. Perchè la città non avesse a patir difetto di vettovaglie, lo stato acquistava frumento per rivenderlo a modico prezzo nei pubblici fondachi; nei casi di penuria, come nel 1483, dava doni a quei navigatori che recassero grano dalla Sicilia, dalla Barberia, dalla Catalogna(4), e nel 1561 a quelli che « avessero condotto tormenti tratti così dentro, « come fuori di Golpho, a banda destra e sinistra di terre aliene, a risigo loro » <5). Nel 1557 si deliberava che tutti i proprietari di campi coltivati in terraferma, nemine excepto, dovessero condurre a Venezia tutto il ricolto del frumento « lasciando sola-« mente quanto sia per le semenze et per viver delli gastaldi » <6>. Si stabiliva pure il costo d’altre derrate, e nel 1493 Marin Sanudo scrìveva che la carne di manzo non si poteva vendere più di due soldi la libbra, l’olio e le candele di sego più di quattro, e via di seguito, sotto la vigilanza dei carrizadori di Comun, che dovevano render giù- (1) Vedi nell’Appendice i Documenti A. (2) Il Sanudo(Cronachetta cit., pag. 48): « vi sono assai botteghe di fruttaria al presente in questa Terra»; Fr. San-sovino ( Venetia città nobilissima, Ven. Curti, 1663, pag. 316) dice che si vendevano ogni settimana 500 buoi, 250 vitelli e «un numero incredibile di capretti, di pollame e d’altri cervaggi che vengono di hora in hora della terraferma». (3) Casola, Viaggio a Gerusalemme (dall’autogr. della Bibl. Trivulzio), Milano, 1855, pagg. 8, 9. — Presso gli stranieri, i Veneziani avevano la fama, non meritata, di esser modesti nel vestire e parchi nel mangiare. Un inglese, che vide Venezia nel 1594, scriveva « Venetians being most sparing in diet and apparet »; Fines Moryson, An Itinerary Written, London, 1617, P. I, pag. 88. (4) Malipiero, Ann. cit., I, 282. (5) Bando a stampa (14 maggio 1561) pubbl. per Bernardin da Simon comandador su le scale di S. Marco et Rialto. (6) Arch. di Stato, Cons. X con la zonta delle Biave, 8 luglio 1557.