12 CAPITOLO I. età furono in onore le teorie di Platone, che consiglia invece non doversi i traffici esercitare dai reggitori delle città, perchè le civiltà superiori riposano non sulle industrie e sul commercio, che mirano all’appagamento dei bisogni materiali, ma nel culto dell’arte e della scienza, che tende all’elevazione dello spirito. Tali massime, diffuse in Italia, secondavano il nuovo senso della vita. La mercatura, tenuta indegna della gravità di un uomo politico, parve più adatta alla plebe, onde assai di rado si videro ancora i patrizi in toga tener banco a Rialto, nè più mutarono essi in ricchi fondachi i vasti pianterreni dei loro palazzi, nè furono più gelosi del privilegio di imbarcare i loro figli sulle galee dello stato per prepararli alla doppia professione di negozianti e di capitani navali. Il senato, nel 1535, si lamentava che già da tempo la nobile gioventù non si desse più « a negotiar « in la città nè alla navigation nè ad altre laudevole industrie» (1). Ma, quantunque la fortuna non fosse più quella, Venezia, sino quasi alla fine del secolo XV, teneva ancora il primato sui mari. Nel 1487, il viaggiatore Giosafatte Barbaro poteva ancora dire: « Nei due esercizi [la mercatura e la navigazione] dal principio suo infino al dì presente, « tanto sono stati eccellenti li miei padri e signori veneziani, che credo poter dire con «verità, che tengono in questa cosa il principato» (2). Nelle terre più remote, come la Cina, altra moneta non si conosceva fuori dello zecchino; Vasco di Gama trovava a Ca-licut il ducato veneto <3>; nell’idioma di molti popoli, tra i quali l’inglese, aveva lasciato sue tracce il linguaggio mercantile di Venezia, e le voci di peso, ròtolo, cantora, correvano in molti paesi dell’Asia. Dopo la caduta di Costantinopoli, i traffici con questa città erano di molto diminuiti, ma sempre fiorenti quelli con la Siria e l’Egitto; le Indie mandavano ancora merci preziose, oro, aromati, droghe; le isole dell’Arcipelago greco i prodotti più pregiati della terra; la Germania metalli, la Francia tele e lane, la Spagna sete, lane, cuoi, la Fiandra tappezzerie e panni, la Russia e la Polonia pelli rarissime; e sulle navi veneziane si vedeva l’oro in verghe, in cannelle, in pezzi. Venezia appariva sempre prospera e lieta, e i negozianti di ogni paese continuavano ad affluire alla lagune, special-mente in occasione della fiera celebratissima dell’Ascensione. Scoperto il continente americano (1492), trovata la via marittima alle Indie (1498), la concorrenza degli Spagnoli, dei Portoghesi e quindi degli Olandesi e degli Inglesi, che ritiravano direttamente le derrate, iniziando il sistema coloniale e alterando i pubblici valori, fece declinare la prosperità commerciale veneta insieme con quella delle città anseatiche del Baltico. Quando a questi danni si aggiunsero le conquiste del Turco e la perdita di molti possedimenti in Oriente, si poteva ormai dire che il mare era divenuto infido alla sua donna, e il simbolico sposalizio sul bucintoro ispirava l’atroce sarcasmo di un poeta francese: «.... ces vieux coquz vont espouser la mer, Dont ii sont les maris et le Ture Padultère » W. Sembra il volgare commento di quella più efficace osservazione che nel 1499 un pascià faceva a un diplomatico veneziano: « Venezia ha sposato il mar fino adesso, per « l’avenir tocherà a noi » <5>. Nelle rinnovate condizioni d’Europa la Repubblica, come con generose parole scriveva Girolamo Priuli, non poteva ricevere maggior colpo dal perdere la libertade in fuori. Se ne accorsero i reggitori dello Stato, e, rilevando i pericoli, tentarono tenersi diritti in mezzo alla bufera, chiedendo, con una sollecitudine che mal nascondeva l’inquietudine, a tutti i loro ambasciatori e consoli in Europa, nell’Asia, nelPAfrica, le più partici) Fulin, Breve sommario di st. ven., Venezia, Visentini, 1873, pag. 47. (2) Jac. Morelli, Operette (Disseri, sui viaggiai, ven.), Venezia, 1820, voi. II, pag. 23. (3) Filiasi, Memorie stor. dei Veneti primi e secondi, Padova, 1812, t. VI, P. II, pag. 111. (4) Joachim de bellay, Les Regrets, Paris, 1876. La prima edizione dei Regrets è di Parigi del 1558. (5) Malipiero, Annali Veneti, in « Arch. Stor. Ital. », Firenze, 1844, t. VII, P. I, pag. 195.