222 CAPITOLO Vili. coltivare l’animo e l’ingegno, ma rendere vigoroso il corpo cogli esercizi fisici. A queste buone norme didattiche non sempre e in tutto rispondeva la realtà. La scuola italiana, dove pur erano passate le nobili figure del Barzizza, di Vittorino da Feltre, del Guarino, non è dipinta con lusinghieri colori dagli scrittori contemporanei: i maestri, meschinamente retribuiti, traevano misera vita, spesso brutta d’ogni magagna; l’insegnamento era reso molesto dagli eccessivi gastighi e dall’ignobile metodo correttivo dello staffile; le scuole anguste, oscure, fredde; gli scolari indisciplinati e riottosi. Ma fra il chiasso e le capestrerie degli scolari, spesso, come in ogni tempo, innocenti, talvolte eccessive (l), non mancavano esempi di bontà, di diligenza, di disciplina. Grazioso è un bozzetto, che troviamo in un dispaccio del 10 gennaio 1490 dell’ambasciatore milanese presso la Repubblica: « Heri se partite de qua uno prete « magistro de scola, con tre putini, li quali « due son zentilomeni; l’altro si è di populo: « li quali son molto zentili puti de baiare, « de far prediche et dire in rima, et altre « zentileze assai »(2). Si noti quel giovinetto popolano accanto ai due patrizi, e si aggiunga che il Sanudo dice come s’insegnassero virtute et grammatica a li zovanetti patrizi et altri (3); così che, almeno nella prima scuola, le divisioni e i privilegi di casta non si facevano sentire. Quanto ai pubblici maestri il Governo non soltanto esigeva le prove della loro valentia, ma faceva indagini scrupolose sui loro costumi. Le prudenti cautele non valsero sempre a impedire che alcuni indegni docenti disonorassero il nobile magistero. Ripugna ricordare che un Giovanni Lucilio, magister sco-larum, fu processato nel 1473 come falso monetario (4), e un Curzio Claro fu bandito nel 1594 come complice di un tentato assassinio <5). Curiosa una deposizione del 9 agosto 1544 ai magnifici zudesi de Procu-rator di un maestro Giovanni Foresto, assistente di suo zio Stefano Piazzone, che teniva scola di grarnatica alla Madona della Fava, e godeva buona nominanza, (1) Delle abitudini in ogni tempo allegre dei giovani scolari, il Garzoni (Piazza cit., pag. 315) fa questo vivace bozzetto: « Far chiasso nelle scuole, romper silenzio nell'assenza del maestro, dar dei pugni a colui che tiene la norma, • far le fugaccie dentro ai salteri!, cacciar la testa nei studi, e mangiar le castagne di nascosto, giocare a pi sso e passo • con la cera, o a primo e secondo con Virgilio e Cicerone, giocare a trentuno, far le barchette da acqua con la carta, pigliar le mosche e serrarle nei scartocci, dar la caccia ai grilli per farli cantar in scuola, portare i parpaglioni da « volare, aver le piastrelle di piombo nella sacca per giocare, attendere a dipingere le rosette, a far dei pallài da cor- • rere, fare scarabotti sopra i Donati, dipingere teste dentro nei Guarirli, strappare il Cato per non tenerlo a mente, « mordere colui che gli leva a cavallo, dimandare d'ogni ora d'andare ad locum, attaccare la foglia di fico alla sedia • del maestro, nasconderli la scutica magistrale, recitar fra la frotta degli scolari l’Ariosto, in cambio delle epistole « di Ovidio, uscir di scuola come diavoli incatenati, urtarsi fra loro come tanti facchini, girar per le mura facendo • mille pazzie ecc. ». (2) Arch. di Stato di Milano, Cari, dipi., Venezia, gennaio 1490. (3) Sanudo, Cronachetta cit., pag. 52. (4) Bertanza-Dalla Santa, Doc. per la si. della cultura cit., pag. 334. (5) Arch. di Stato, C. X. Criminal, reg. 17, cc. 23, 24. AOOSTINO DA SIENA — MODELLO DELL'OPERA NELLA QUALE SI INSEGNA A SCRIVERE. Venezia, tip. Fr. da Salò, 1565).