124 CAPITOLO V. TINTORETTO RITRATTO DI JACOPO SANSOVINO. (Firenze, Uffizi). tornò sulle sue deliberazioni e lo richiamò. Andrea incominciava a raccomodare il modello, quando, nel 1488, fu còlto dalla morte. Quantunque lasciasse per testamento la preghiera che l’opera fosse continuata dal suo discepolo Lorenzo de’ Credi <’>, il monumento fu compiuto dal Leopardi. Dolori consimili a quelli del Verrocchio ebbero a soffrire il Sansovino e i mosaicisti Zuccato. Quando il Sansovino stava costruendo la Libreria, nella notte del 18 dicembre 1545, la vòlta della gran sala improvvisamente ruinò. La rovina era avvenuta per l’azione dell’intenso gelo sulla calce recente, e, per dire il vero, a metà di dicembre non si costruiscono muri nè vòlte. L’architetto, colpevole dell’errore, fu posto in carcere. Per intercessione degli amici, tra i quali Tiziano e l’Aretino, fu liberato, ma condannato a una multa e dimesso dall’ufficio di proto della Repubblica, che non riebbe se non nell’anno seguente <2). Con la consueta serenità d’animo, egli ripigliò l’opera sua, e la continuò feconda sino al 27 novembre 1570, in cui, a novantatrè anni, finì di vivere de malatia di vegeza, nella casa in capo alle procuratie vecchie, che dal governo gli era stata data fino dal 1529. Ebbe sepoltura nella chiesa di San Ge-miniano (3). Pochi mesi dopo la sua morte, il 28 marzo del 1571, il figlio Francesco mosse lite ai procuratori di San Marco per avere, quale erede, il resto del compenso dovuto al padre per la porta del presbitero di San Marco. Dopo molti contrasti, si venne a un componimento, e si pagò una buona somma di ducati a Francesco, il quale, contento del buon esito della prima, iniziò una seconda causa, per avere un altro compenso per una statua della Vergine, compiuta dal padre, il quale non ne aveva mai conseguita la debita mercede. Questa volta i procuratori perdettero la pazienza, e aspramente biasimando i garbugli e le putride cavilationi del querelante, gli restituì-rono senz’altro la statua <4>. Un altro processo clamoroso fu quello dei mosaicisti Francesco e Valerio Zuccato, che inspirò il romanzo di Giorgio Sand. I due fratelli davano opera al mosaico, la Visione dell’Apocalisse, sopra la porta maggiore interna della basilica, quando giunse all’orecchio dei procuratori di San Marco un’accusa contro di essi, i quali, per quanto andavasi susurrando, specialmente dal loro discepolo Bartolomeo (1) Gaye, Cart. ined. d'artisti, voi. I, pag. 369. (2) Barozzi, Cenni stor. sul processo a G. Sansovino per la caduta della Libreria, opusc. per laurea. Venezia, 1855. (3) Cicogna, Iscr., VII, 16. — Nel 1810, demolita la chiesa di San Geminiano, furono trasportati in quella di San Moisè i resti mortali del Sansovino e vi rimasero fino al 1820, per essere poi trasportati nella cappella del seminario patriarcale. Nel 1927, per iniziativa e cura di Luigi Marangoni, architetto della basilica, le ossa del grande architetto ebbero degna tomba nel battistero di San Marco. (4) Boito, Questioni pratiche di belle arti (Un processo per la porta della sagrestia di San Marco), Milano, 1893, pag. 151. .T";y AUTOGRAFO DI JACOPO SANSOVINO.