GLI ORDINAMENTI DELLO STATO 27 Se i carcerati de’ pozzi stavano, come dicevano i decreti, all'umido e al scuro, altri provavano nei piombi i tormenti della canicola. I piombi, costruiti nel 1591, erano quattro segrete, così denominate per esser poste immediatamente sotto il tetto del palazzo coperto di piombo (1>: una a ponente sul gran cortile e tre a oriente sul rio <2>. Nel 1589, si commise ad Antonio da Ponte la costruzione presso il ponte della paglia delle nuove prigioni. Il robusto edifizio, dove sedevano anche i signori di notte al criminal, e che rivela nel suo aspetto severo l’uso per cui venne fatto, fu unito al palazzo ducale con un goffo ponte di stile secentesco, chiamato dei sospiri, perchè vi passavano i carcerati. La vita del carcere, a chi doveva esser giudicato, non era fatta più acerba da troppo rigorose strettezze(3). I prigionieri di guerra e di stato erano separati dai ladri e •dagli assassini <4). Si raccomandava ai magistrati la speditezza dei processi, per non prolungare di troppo il carcere preventivo, e in determinati casi era concessa la libertà provvisoria, anche senza ¿cauzione. 1 carcerati, visitati ogni mese dai capi dei dieci, non stretti d’ordinario da catene, curati neirinfermeria se ammalavano, erano fatti uscire tratto tratto dalle loro ■nude a passeggiare pei corridoi. Nella chiesa di San Bartolomeo si istituì, nel 1591, una confraternita del Crocifisso, la quale raccoglieva limosine per soccorrere e liberare prigionieri <5>, e per coloro che ad essi avessero fatto limosine, la Repubblica stessa chiedeva a papa Urbano V indulgenze. Fino dal 1411 s’era raccolta a San Fantino una confraternita, chiamata di Santa Maria della giustizia o della buona morte, col pietoso intendimento di accompagnare e confortare i condannati al patibolo, e dar loro sepoltura (6). Con queste opere di pietà, ispirate alla fede cristiana e ad essa raccomandate, la popolazione dimostrava il suo fervido sentimento religioso; come l’aiuto largheggiato dai governanti agli istituti ecclesiastici manifestava il culto religioso della Repubblica. Ma il rispetto alle cose della fede non fece mai dimenticare allo stato i suoi diritti. Così quando UN CONFRATELLO DI S. MARIA DELLA GIUSTIZIA. (Dagli « Habiti » del Vecellio). (1) Fino al 1605 il tetto del palazzo era coperto di rame. Un decreto del 15 ottobre 1605, considerando che il coperto è ridotto in termine che piove da tutte le parti, ordina « che sia commesso alli Froveditori nostri sopra la fabrica della t Corte del Palazzo, che facendo levare li rami predetti, et vendendoli con quel maggior vantaggio che si potrà della « S. N., overo dandoli alla Casa dell’Arsenale, quando sarà cosi stimato di publico servitio, debbano all’incontro far « comprar quelli piombi, che saranno necessarij per far il coperto predetto, et riparare di quel modo, che stimaranno con- • veniente ». Arch. di Stato, Senato, Terra, reg. 75, c. 143 t. (2) Erano alte da metri 1,85 a 2,57, larghe da m. 3,85 a 2,78 e rivestite di panconi di larice. (3) Un viaggiatore tedesco dell'ultimo Quattrocento, frate Felice Faber da Ulma, descrivendo Venezia in un suo libro (Evagatorium Terrae Sanctae, Arabiae et Egypti, Stuttgartiae, 1849, voi. Ili, pagg. 409, 410), fa questo confronto tra le carceri dei veneziani e quelle dei suoi compatriotti : « Non solum autem pietatem exhibent his, qui digni sunt, ■ sed et illis qui severae justitiae summas incurrunt. Carceres enim reorum sub deambulatorio palatii sunt contra = publicam plateam respectum habentes, patentibus fenestris lucidi, quae ferreis cancellis sunt clausae, per quas « captivi respicere possunt et manus extendere et cum astantibus colloquium habere et si sunt pauperes eleemosynam a « transeuntibus petere possunt... Verum, qui prò enormibus excessibus, qui morte plectendi sunt, in carceribus detinentur « arctioribus, tolerabiiibus tamen. Inter multas crudelitates Teutonicorum est illa una, quod reorum carceres sunt • inhumani, terribiles, obscuri, in profundis turrium, humidi, frigidi, et nonnumquam serpentibus et bufonibus plenis, ■ longe ab hominibus sequestrati, nec aliquis accedit consolator ad miseros illos, nisi tortores crudelissimi, qui terreant, t minentur et torqueant. Aliam pietatem exhibent Veneti reis, etiam morte plectendis, consumunt enim eos brevibus « poenis ». La parte delVEvagatorium che riguarda Venezia fu tradotta da Vincenzo Lazari (Venezia, 1881). (4) Cecchetti, Delle leggi della Rep. Ven. sulle carceri ecc., in « Atti Ateneo Veneto », a. 1866, ser. II, voi. Ili, pag. 95. (5) Sagredo, Patronato carcerati in Ven. ecc., in « Memorie I. R. Ist. Ven. », 1864, voi. XII, pag. 315 e segg. (6) La scuola di Santa Maria della giustizia si uni, nel 1458, alla scuola di San Girolamo, formando una sola confraternita, che ebbe sua stanza in un edificio in campo di San Fantino, ricostruito nel secolo XVII, ed ora sede dell’Ateneo veneto. Pavanello, La scuola di San Fantin ora Ateneo Veneto, in «Ateneo Veneto», 1914, voi. I, anno XXXVII.