448 CAPITOLO XIV. in altri comuni anche veneti, come Padova, dove preti e frati spesso non si consideravano compresi nella comune protezione delle leggi <*>. La Repubblica, pur così gelosa custode delle prerogative dello stato, non tolse mai al clero le giuste difese legali, anzi per tutelare la proprietà dei conventi, non senza vigilarne l’ordine, istituì nel 1521 i tre provveditori sopra i monasteri. Sarebbe ingiusto non riconoscere che in parecchi conventi di frati la vita era aspera e si faceva gran abstinentia, e che in alcuni monasteri di donne si raccoglievano anime immacolate, come Laura Beatrice Cappello, Maria Alberghetti e altre veneziane, che trascorsero la vita santamente, pur SCHIAVO MORO, GONDOLIERE. Particolare del quadro del Carpaccio « Il patriarca di Grado ». (Venezia, Accademia). non privandosi degli onesti godimenti dell’arte, della poesia, della musica e accudendo ai più delicati lavori donneschi <2). Fu veneziana Illuminata Bembo, che insieme con (1) Salvemini, Studi storici (Lotta fra Stato e Chiesa), Firenze, 1901. A Padova, a Reggio, a Cremona e in altri comuni dell’Italia settentrionale, se un prete era ammazzato o ferito, il colpevole era punito con lieve pena, spesso con una semplice multa. Franco Sacchetti nella novella CXII, coinvolge anche Venezia, che non giunse mai a questi eccessi, ma dove, secondo l’arguto novellatore, era lecito senza pena ferire i cherici a quei padri e a quei mariti, che avessero avuto le loro mogli e le loro figliuole, assalite dalla dissoluta baldanza dei preti e dei frati. (2) Il Priuli (Diari cit., IV, 14) scrive: « Quali veramente essendo nobili de sangue et genere herano etiam formo-« sissime delichatissime et piene de ogni virtude massime di canti, soni et ogni altro virtude in la musica arte et in li « lavori de mano non se poteva aggiongere nè judichare quello facevano cum le mano sue et cum lo ago et altre chosse, « veramente da pictori cum loro penello non lo sapevano fare; et herano simili monastieri de Venetia conventuali pu-« blicamente noti a tuti li forestieri che venivano a Venezia e Italia et altri, quali subito herano conducti a simili « monestieri per sentire et aidire le virtude loro in l’arte musica et etiam in vedere cosse bellissime cum lo ago et mano « facte et molti di questi forestieri, innamorati de simele monache belle et giovane, lassavano li danari per avere il « contento loro, et queste ben sagie et astute et prudente ne l’arte non lassavano tracto che li venisse al proposito ».