LE CONDIZIONI SANITARIE ECC. 49 la casa delle munizioni. Lo spettacolo di un incendio è descritto con molta evidenza dal Sañudo (1). Nella notte del 16 agosto 1532 s’appiccò il fuoco nel palazzo a San Maurizio, che il procuratore Giorgio Cornaro aveva acquistato dai Malombra per ventimila ducati. La casa, che sorgeva sul canalgrande ed era bellissima, anzi, secondo il Sañudo, la più bella di Venezia e potria dir d'Italia, fu in poche ore distrutta. Non ignote le cause dell incendio. Da Cipro, ove i Cornaro possedevano la celebre Commenda, erano giunte molte casse di zucchero e di cotone. Per asciugare lo zucchero nelle soffitte, fu acceso il fuoco in alcuni bracieri, nè alla notte si ebbe cura di spegnerlo interamente, così che pel gran calore le travi a poco a poco bruciarono e, verso le cinque del mattino, il fuoco divampò. Alcuni, che passavano per lastrada, videro il fumo e bussarono con impeto alla porta del palazzo gridando, ma quelli che lo abitavano erano immersi nel sonno. Sfondate le porte, si diede subito opera a trasportare nelle vicine case dei Zorzi e dei Malipiero gli ori, le argenterie, gli scrigni pieni di danaro, a buttar giù dalle finestre le masserizie più grosse, mentre i fanciulli e le donne correvano spaventati per le stanze, dove molti erano entrati per stuar e molti per robar <2). Furono bruciate o guaste molte robe, che avevano appartenuto alla regina di Cipro, molti quadri, una testa di marmo romana, che valleva uno stado, e gli adornamenti ricchissimi dell’appartamento di Francesco Cornaro, vescovo di Brescia. Un coraggioso, salito tra il fumo e le fiamme sino al tetto, non potendo più ritornare per la scala incendiata, scese con una corda. Precipitò la facciata con immenso fragore, seppellendo tre uomini (3> e sconciando malamente un quarto. Allo schianto delle travi, all’indescrivibile fracasso della rovina, alle grida, rispondevano dai campanili di San Marco, di San Maurizio, di Santa Maria Zobenigo, di San Vitale, i cupi rintocchi delle campane. « Io « verso nona — continua il Sañudo — havendo « grandissimo dolor e tanto che più dir non « posso, sì per il privato che questa casa è mia « amicissima, sì per il pubblico ch’è la più bela caxa de Venezia... andai per barcha per « canal grando... a veder il fuogo qual era sì grando e di tanta bampa che mi spaventai... da poi andai a cha Malipiero da sier Iacomo Corner a confortarlo, dicendoli: « Deus dedit Deus abstulit ». Sulla via più bella del mondo, apparvero, la mattina dopo, nere e fumanti le rovine del grandioso edifizio, non essendo rimaste in piedi se non le colonne sull’approdo del canalgrande, e due muri così traballanti, che faceano paura a vederli. I Cornaro pensarono subito a rifabbricare il palazzo, e affidarono l’impresa a Jacopo Sansovino. (1) Sañudo, LVI, 751. (2) Il giorno dopo (17 agosto 1532) il Sañudo (LVI, 771) scrive: « Fu posto per li Consieri una Taja per le robe è « sta robade a l’incendio da Chà Corner... ». (3) Il Sañudo (LVI, 792): « 26 agosto 1532. Da poi disnar fo Pregadi. Fu leto una suplication di una madre di un « Alvise de Simon.... di rArsenal, qual è morto a l’incendio di Chà Corner, et ha 7 sorelle e il padre vivo. Et fu posto « per tutto il Collegio che soldi X l’avea al zorno a l’Arsenal oltra li soldi 6, siano dat ;a la madre per il suo viver... ». Mol menti, La Storia di Venezia nella Vita Privata — P. II. 4 QAf- DISEGNO del grevembroch. (Museo Correr).