LA CORRUZIONE DEL COSTUME 455 nelle chiese <*>. Si proibiva la vendita delle carte e dei dadi <2), e intanto prosperavano in ogni parte della città casini di giuoco, nonostante si minacciassero, con decreti, perfino incisi sulla pietra, grosse multe a coloro, ed erano principalmente ebrei, che tenevano bische <3>, si promettessero premi ai denunziatori, si aggravassero le pene con la berlina, la galera, il taglio del naso, delle orecchie, fra le due colonne della piazzetta, proprio là dóve la Repubblica, quattro secoli prima, aveva concesso di tener giuochi di rischio a Niccolò Barattieri. Questa concessione, tramandata ne’ secoli seguenti, era stata tolta sotto la ducea di Andrea Gritti. La Repubblica, che con tanta severità tentava impedire i giuochi dei privati, accoglieva poi le lotterie pubbliche. Nell’età di mezzo erano permessi in varie città italiane i giuochi detti di ventura, tra i quali divulgato alVenezia, quello delle scommesse per fatti e avvenimenti futuri e incerti <4). BERNARDINO LICINIO — CORTIGIANA. (Londra, Hampton Court). Ma il lotto pubblico che nelle sue forme moderne, ha le sue origini in Genova, in sui primordi del Cinquecento (5), incomincia a Venezia nel 1521 con premi di tappeti, mobili, vesti e altri oggetti. Se ne ricorda l’inventore, certo Geronimo Bambarara, stracci-vendolo. Il giuoco aumentò a mano a mano con grosse somme di denaro, che si scrivevano sopra alcune cedole e su altre si scriveva la parola pacientia <6). Le cedole, o (1) Dolcetti, Le bische e il giuoco d'azzardo, Venezia, 1903. Il Dolcetti studia particolarmente il giuoco a Venezia nel secolo XVIII, ma nell’Appendice V (pag. 212) della sua opera, raccoglie le parti, le ducali, le terminazioni, le provvisioni, le addizioni, gli ordini, i proclami, le concessioni, le scritture, gli appalti, i capitoli, le conferenze, gli spazzi, le revoche ecc., emanati in ogni tempo dalle varie magistrature veneziane, sui giuochi d’azzardo pubblici e privati e su quelli che recavano danno alla sicurezza cittadina, sul dazio delle carte da giuoco, sulle scommesse, sul diritto di arrestare i giuocatori ne’ luoghi sacri, sulle lotterie clandestine e su quelle permesse, sul lotto governativo, ecc. (2) Nel 1506 e nel 1539 i Dieci vietavano tutti i giuochi « excepto schachi, arco, balestra et ballo ». Sanudo, VI, 321-22. (3) Molti, principalmente tra gli ebrei, tenevano bische, sfruttando la passione dei giovani ricchi, incitandoli a giuochi illeciti, guadagnandoli danari contadi. Si trova ricordo di casini da giuoco, nel secolo XV, a San Barnaba, ai Carmini in corte dei Ragusei, a Rialto, a San Geremia in orto ditto di pre Galante, a San Moisé in casa di certa Helena compagnessa. Zdekauer, Il giuoco a Venezia sulla fine del secolo XV/, in « Arch. Ven. », a. 1884, t. XXVIII, pag. 132 e segg. (4) Malespini, Nov. cit., P. II, pag. 133. (5) John Francis, Chronichles and charact. of thè Stock Exchange, eh. Vili, pag. 45. (6) Scrive il Sanudo (XXXII, 467, 500): «In Rialto è sussità un novo modo di vadagnar metando poco cavedal a « fortuna, e fu comenzà in cosse basse, auctor Hieronimo Bambarara strazaruol, poi è venuto più in grosso. Prima « cadaun che voleva dava saldi 20, poi vene a lire 3, poi a ducati uno, et si meteva li precii, tapedi, spaliere e altre « cosse; hor è venuto arzenti per zercha ducati 200, et altri ha messo una peza de ristagno d’oro dando ducati uno « per nome. Et si fa a questo modo: chi voi esser si nota sopra uno sfoio di carta e dà contadi fuora li denari.... Tutti