144 CAPITOLO VI. Alessandro Leopardi, Vettore Gambello, zoielier a Sant’Anzolo, Luca da Sesto, maestri di zecca, e con una schiera di artefici men noti, ai quali non faceva mai difetto il buon gusto nell’inventare e nell’eseguire i più gentili lavori a sbalzo, col niello, con la cesellatura o. Nel 1570 l’ageminatore Paolo Rizzo, che si firmava Paulus ageminius, aveva bottega all’insegna della colombina in ruga degli orefici a Rialto, e i più gran signori d’Italia volevano avere le cose rare et divine da lui lavorate all’agemina <2>. Forse, nella stessa bottega, un altro Rizzo, di nome Giovanni, zoieliero, aveva, nel 1476, per commissione del duca Ercole I, ligato in una panizuola d'oro un diamante grosso quadrilungo, fatto a facete <3). Nel 1574, gli orefici Della Vecchia, per un aureo scettro da essi ornato con gioielli, rifiutarono l’offerta di ventiseimila scudi d’oro, che fece loro Enrico III <4>; e, circa allo stesso tempo, Antonio Pesaro vendeva al duca di Mantova, pel prezzo di millecencin-quanta ducati, una cassetta d’argento indorata, con rubini, diamanti e smeraldi. Francesco Sansovino scrive di aver veduto nella bottega all’insegna della rosa di Giacomo Rancatio « una tavola gioiellata di gran belìi lezza et di prezzo », e in « quella di Anton « Maria Fontana una cassa di christallo molto « grande, fatta di modo che le cose che vi si « ripongono dentro, appariscano tutte scolti pite di fuori » (5). Si piegavano alle forme più graziose i vasi dalle anse leggiere, le vasche cesellate a stemmi ed emblemi, i bacili d’argento dorato, chiamati alla veneziana, « de rilievo a sonde dal canto de dentro, et de « fuora tutti bianchi cum figure in uno tondo « de niello nel mezzo »(6). Nelle bacheche, in ruga degli orefici, splendevano anelli, collane, braccialetti, cinture, bottoni, catene, cofanetti, insieme coi reliquiari, gli ostensori, i cibòri e altri oggetti di chiesa. Dell’oreficeria religiosa ricordiamo la croce processionale della scuola di San Teodoro, in cristallo di rocca, con edicole e figurine di argento dorato <7). Secondo alcuni è opera dei Da Sesto del primo Quattrocento; da altri, con più ragione, è attribuita a un toscano, ancora goticizzante, ma vicino a Donatello, CROCE PROCESSIONALE DI CRISTALLO E D’ARGENTO DELLA SCUOLA DI SAN TEODORO IN VENEZIA. tiose ». (Tést. del 21 giugno in atti Parto Girolamo, Arch. di Stato, Sez. Not., B. 779). Nel 1581 Giacomo Cyinich, gioielliere in Venezia, offriva al duca di Mantova un diamante per 3000 scudi. Nel 1587 v’è memoria di un Guglielmo Hel-mann ecc. Bertolotti, op. cit., pagg. 308, 310. (1) Ricordiamo Gasparino e Cristoforo Cesani (fioriti dal 1476 al 1491), Antonio Albrici (1478), mastro Pagan (1488), Gian Andrea de Fiore (1496), Silvestro Grifo, Alberto di Pietro (1503), Domenico de Dominici (1520), Orso ebreo mantovano (1524), Felice Ceserin (1528), Vincenzo Levriero, Lodovico Caorlino, Bernardino dei Morati (1532). (2) Luzio e Renier Mantova e Urbino, Is. d'Este ed Elisab. Gonzaga, Torino, 1893, pag. 305, n. 35. (3) Fioravanti, Dello Specchio di Scientia Univ. cit., pag. 67. (4) Della Croce, Hist. della pubb. et famosa entrata di Henrico III, Venezia, 1574. (5) F. Sansovino, Venetia cit., pag. 364. (6) Campori, Racc. di Catal. ed invent. ined. (Invent. di guardaroba estense), Modena, 1870, pag. 11. (7) Fu portata nel museo di Vienna dall’imperatore Francesco I, e ora restituita all’Italia. Cfr. Fogolari, La teca del Bessarione e la croce di San Teodoro, in « Dedalo », Milano-Roma, a. Ili, fase. Ili agosto 1922.