LA CORRUZIONE DEL COSTUME 467 sei figlioli, sembra che il patrizio poeta Marco Veniero, più degli altri, sia stato preso ai suoi vezzi <*>. E Domenico Veniero, parente di Marco e poeta di maggior fama, fu a Veronica paternamente affezionato, e ad essa, che lo frequentava durante la sua lunga infermità, ebbe forse a correggere i versi. Anche il re Enrico 111 visitò l’Aspasia veneziana che allora abitava a San Giovanni Crisostomo. Il giovine sovrano deve averne riportato una ben dolce impressione, se volle recar seco in Francia il ritratto di Veronica, la quale a sua volta ricordò ne’ suoi sonetti l’amatore regale, in armi e in pace a mille prove esperto. Oltre alle Rime pubblicò un volume di Lettere famigliari, dedicato al cardinale Luigi d’Este, che mandò in dono al Montaigne. Nelle Rime e nelle Lettere si nota un senso come di rimorso, un desiderio D’alzarmi al ciel da questo stato indegno in ch’io mi trovo..... Abbandonato l’onorato mestiere, si diede a penitenza (2>, e, per iniziativa e opera sua, nel 1580 venne fondato, presso la chiesa di San Niccolò da Tolentino, il pio ricovero del Soccorso, dove si raccoglievano donne traviate e pentite. Morì nel 1591 <3>. Trovò molti ammiratori nel suo breve soggiorno sulla laguna anche Tullia d’A-ragona, che intorno al velo giallo della cortigiana intrecciò il lauro della poetessa (4>. Sperone Speroni pone la scena del suo dialogo Dell’amore in Venezia, in casa di Tullia, e con la cortigiana pone a discutere Niccolò Grazia, il Molza e Bernardo Tasso, il quale, non più giovane, s’era invaghito della celebre cortigiana. A Tullia, che mostra il timore di perdere l’affetto di lui, perchè ha coscienza della propria condizione (5), Bernardo rinnova calde proteste d’amore; e Niccolò Grazia aggiunge che Antonio Brocardo aveva esaltato le cortigiane in guisa che « se Lauretta resuscitasse et l’udisse, ella non menerebbe altra « vita » (6). Ai falsi splendori della vita delle belle peccatrici, si accompagnavano le ombre cupe di altre abiezioni. Dal meretricio traevano turpi lucri lenoni e mezzane, (1) In alcune rarissime copie della prima edizione (1575) delle rime della Franco, un capitolo reca il nome di Marco Veniero, il quale è agitato da pene gelose, che gli fanno maggiormente desiderare le gioie dell’amore: O che dolce mirar le membra ignude; E più dolce languir in grembo a loro, Ch’or a torto mi son sì scarse e crude. (2) Lettere di donne ital. nel sec. XVI, raccolte dal Gamba cit., pag. 207. (3) Tassini, Veronica Franco, Venezia, 1888. (4) Le rime di Tullia d’Aragona, ed. Enr. Celani, Bologna, Romagnoli, 1891; Bongi, Il velo giallo di Tullia d'A-ragona, Firenze, 1886; Guido Biagi, Un'etèra romana, Firenze, 1897. (5) Pintor, Delle liriche di B. Tasso, Pisa, 1899, pag. 67. (6) Speroni, Opere cit., voi. I, pag. 26. Lo Speroni, vinto da scrupoli religiosi, scrisse poi un'Orazione contro le cortigiane, chiamate da lui «monstri infelici«. Ibid., voi. Ili, pag. 191. M. PARRASIO — CORTIGIANA CHE SUONA LA MANDOLA. (Budapest, galleria).