370 CAPITOLO XI. come \’Orlando e la Storia di Diombruno <■>. Insieme con le costumanze, incominciava a divulgarsi anche la letteratura di Spagna, e parecchi libri spagnoli, o nell’originale, o tradotti, furono pubblicati dal Da Sabbio e dai Giolito, che si valevano dell’opera di Domenico di Gatzelù, segretario delPambasciatore don Lopez di Soria, e del letterato Alfonso Ulloa, il quale era venuto a stabilirsi a Venezia <2). Tali i libri che più facilmente venivano alle mani delle giovani spose, le quali erano vissute appartate nella casa paterna e non sentivano, come in altre città, il desiderio di gareggiare coll’uomo nelle discipline erudite. Avevano udito come in sogno il romor festoso del mondo; venute all’atto di possedere quei beni tanto vagheggiati, cercavano di acquistar l’arte di usarne, e tra le consuetudini piacevoli e allettanti, sconosciute ad esse fino al dì delle nozze, il loro spirito s’apriva alla luce dell’eleganza, s’educava al senso della magnificenza, onde più che coltivar l’intelletto, studiavano la nobiltà del portamento, i movimenti dignitosamente aggraziati, le fogge più ricche d’abbigliamento. Più che il greco e il latino, amavano studiare la eleganza maestosa di una riverenza, il passo grazioso di una danza, il modo gentile di porgere la mano al bacio dei cavalieri, poiché non era permesso darlo sulla bocca, come si usava comunemente e innocente-mente in Francia e in Germania <3). Le mani belle e bianche, che porgevano al bacio gradito, volevano le veneziane serbar nette di polvere erudita, e generalmente rifuggivano come di cosa contraria al loro sesso dalle dotte di-sputazioni e dagli esercizi poetici. Qui (Dal «Ballarlnn» del Caroso, ed. di Venezia, MDLXXXI). _ la donna poetessa non fu, come altrove, un prodotto particolare del Ri-nascimento <4). Fra le molte italiane, eminenti per ingegno, che sapientemente conversarono per iscritto col fiore dei dotti del loro tempo, le veneziane son poche. Ortensio Lando, che scrisse alcune lettere col nome di parecchie donne ornate di studi, per dimostrare come esse non fossero nella dottrina inferiori aH’uomo, accenna a una sola veneziana, Lucietta Soranzo, per bocca della quale condanna chi biasima Lorenzo Selva; il Brancaleone, attribuito ad Antonio Giorgio Besozzi milanese, che viveva alla corte di San Carlo Borromeo. — Romanzi pastorali: La Leucadia di Ant. Droghi; VAmore innamorato del Minturno; la Siracusa di Paolo Regio; La zotica di G. M. Bernardo. Albertazzi.Romanzieri e romanzi del Cinquecento e del Seicento, Bologna, 1891, cap. Il e III. (1) V'edi le note di V. Rossi alle Lett. cit. del Calmo, pag. 246. (2) Bongi. Ann. del Giolito cit. introd., pag. XLV1!. (3) Pietro Bembo (Op. cit., Ili, 213) scriveva al Molza: « Voi bacerete le mani di Camilla, vorrei dire più volentieri «sulla bocca, se il costume di Francia fosse vìssuto in Italia nello stesso tempo del suo re (6 gennaio 1525)». — • Quand Leo de Rozmital arrive à la cour de Louis XI, les demoiselles d'honneur l'embrassent sur la bouche, suivant « l'ordre du Roi *. Bonnaffè, Voyages et x'oyageurs cit., pag. 40. (4) Gregorovius, Lucrezia Bargia cit.. pag. 25; Janitschek, Die Geselschaft der Renaissance und die Kunst, Stuttgart, 1879.