14 CAPITOLO I. una giunta, detta delle spezierie, per stringere accordi col Soldano di Egitto, e, per mezzo suo, col Moro, al fine di facilitare il commercio delle spezie, togliendolo ai Portoghesi. E vedendo la necessità di un più celere tragitto marittimo dall’india al Mediterraneo, la Repubblica pensò anche al taglio dell’istmo di Suez, proponendo al soldano d’Egitto di far « cum molta facilità e brevità de tempo una cava dal mar Rosso che metteva a « drectura in questo mare de qua»(1). Erano disegni che, pur nel loro ardimento, rivelavano penosi timori. Nel 1504 i commercianti veneziani, con più vivo dolore, notavano l’impoverimento del mercato di Rialto, dove da Alessandria e da Beyruth giungevano le galere « vode senza collo di spetie, che mai più da alcuno era stato visto » <2>. L’antico dominio sul commercio marittimo del mondo era finito, e per renderne meno rovinosi gli effetti, si abbandonarono gli antichi criteri restrittivi, si largheggiò in concessioni, si permise il transito di merci straniere; ma dopo che tali provvedimenti riuscivano vani, si ritornava ai metodi antichi. I nobili, pochi eccettuati, si allontanavano sempre più dalla vita mercantile e preferivano collocare in beni stabili i capitali guadagnati nei traffici, non solamente per lusso e godimento, ma anche per attingere a una nuova fonte di ricchezza. La luce della fortuna impallidiva, ma Venezia non piegò, cercò in sè nuove energie, e continuò per lungo tempo nella sua grande opera politica e civile, cogliendo nuovi trionfi nel pensiero e nell’arte. Di tanta fama essa continuava a godere in tutto il mondo ch’era comune il desiderio non pure di vedere la superba città, ma altresì di conoscere e intendere come fossero ordinati il suo governo, le sue armi, le sue leggi, i suoi istituti politici ed economici. Nella nuova condizione di cose la Repubblica non appare meno che per lo innanzi ammirabile; e mentre dissecavansi molte sorgenti di lucro e sopravvenivano nuove sciagure, la prudenza e la destrezza nel trattare la politica esteriore andavano insieme con l’acutezza e la ponderazione nel governare gli affari interni. Venezia a questo tempo è raffigurata da Paolo Veronese, nel palazzo dei dogi, in sembianza regale, tra l’oro e le gemme, la porpora e i broccati, coronata dalla Gloria, celebrata dalla Fama, circondata dalle Virtù, da Cerere e da Giunone. ì ' (1) Fulin, Il Canale di Suez e la Rep. di Ven., in « Arch. Ven. », a. 1871, t. I, pag. 175. (2) Id., 1 Portoghesi nell' India e i Veneziani in Egitto, dai Diarii del Priuli, in « Arch. Ven. » cit., t. XXII, pagg. 173-174. LO STEMMA DEL DOGE AGOSTINO BARBARIGO (1486-1501). (Dal libro dei privilegi di Gradisca — Archivio di Stato, sala Margherita;.