50 CAPITOLO III. Fra le calamità, più terribile di tutte la peste, che devastò più volte Venezia, come gran parte d’Europa (1). Nel secolo XVI, sotto la denominazione generica di peste, venivano comprese le malattie contagiose più gravi, quali la peste bubbonica, la peste pneu-monica, il tifo petecchiale, tutte distinte da altri morbi, come il vainolo, la dissenteria e il catarro epidemico (influenza), chiamato mal del molton e mal del castron <2l Fino dall’età di mezzo, le caute provvidenze sanitarie diedero alla Repubblica, anche in questa materia, il primato su tutti gli altri governi. Non bastando più il vecchio lazzaretto di Santa Maria di Nazareth, ne fu eretto, nel 1468, un altro in un’isola presso Sant’E-rasmo, denominato della Vigna murata. La direzione del lazzaretto fu commessa al magistrato della sanità, stabilmente ordinato nel 1485, e che, nel ricovero e nella cura degli infetti, seppe attuare regole piene di saggia previdenza. Appena scoppiava il morbo, IL LAZZARETTO VECCHIO. (DalP '( Isolario Veneto» di Antonio Visentini. Venezia, appresso Viero, sec. XVIII). (Fot. Filippi). erano eletti nei sestieri e nelle parrocchie appositi delegati per vigilare sulla pulizia delle case, per vietare la vendita dei cibi nocivi, per far chiudere scuole e taverne e proibire le prediche e le funzioni nelle chiese. Si impediva qualunque comunicazione e commercio tra le varie contrade della città, non potendo alcuno che abitasse in una contrada passar nell’altra (3); si alleviavano, in pari tempo, le sofferenze del severo sequestro « all’afflitto popolo che si trovava per lo più in casette molto ristrette e congiunte»; si facevano vuotar le case dagli ammalati di contagio che venivano condotti ai lazzaretti (4). I preti e i medici che andavano a visitare gli appestati, per essere riconosciuti, portavano una stola azzurra, e gl’infermieri una croce rossa sul petto e una sul dorso (5); per tentar di salvarsi dal contagio, i medici andarono mascherati in una strana foggia, che il Grevembroch copiò da incisioni del Cinquecento <6>. La superstizione fece anche qui le (1) Qualche volta il contagio infieri tre anni di seguito, come dal 1575 al ’77 e dal 1629 al ’31. Gallicciolli, I, 801. Dell’anno 954 è il più antico ricordo del contagio, che durante la Repubblica si manifestò per sessantatrè volte. (2) Edgardo Morpurgo, Lo Studio di Padova, le epidemie e i contagi, in « Mem. e Doc. per la st. dell’Un. di Padova», Padova, 1922, pagg. 143, 183. (3) Proclama a stampa dei provveditori sopra le vittuarie, 11 agosto 1576. (4) Senato, 6 agosto 1576. (5) Gallicciolli, I, 328. (6) Giovanni de Grevembroch (vedi voi. I, pag. 68 di questa Storia), nel voi. II della sua opera intitolato: Gli abiti de veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti, e dipinti nel secolo XVIII (Museo Correr, cod. Gradenigo-Dolfin,. n. 49, c. 61), commenta cosi la strana figura: « Medico industrioso. I Medici ed i Chirurghi in tempo di peste adopra-«vano una veste sola, tutta chiusa, e liscia di puro lino, ben profumata con bacche di Ginepro, secondo che quivi sta « disegnato il modello. Può darsi che fosse di tela cerata, per meno soggiacere a qualsiasi esalazione maligna; e se bene