AMORI. CONVERSAZIONI, FESTE, CONVITI 365 fa dire a Pietro Pomponazzo che « la moglie deve spogliare il suo arbitrio sottomet-« tendosi al marito», e come vivente esempio di eletta virtù, si addita una Veneziana, che non si nomina, che a una grande bellezza univa sensi di amabilità, di grazia, di gentilezza, e che il Pomponazzo aveva conosciuto nella sua dimora alle lagune (l). Donna e madonna in casa, era anche signora del lusso e dell’eleganza nelle feste e nelle pubbliche cerimonie, ma il suo dominio si estingueva insieme con le luci che avevano illuminato quelle pompe: rientrata nella sua dimora e spogliatasi delle sue splendide vesti e dei gioielli, non disdegnava di attendere alle cure casalinghe. Non molte « stimavano più bella lode imparare in che guisa si compongono i belletti »(2), e i vituperi che qualche maligno scrittore lancia contro le veneziane non sono che menzogne stolte (3>. Fra tanto fumo d’incenso, onde gli adulatori avvolgevano le belle figure femminili, doveva pure insinuarsi il fiato velenoso della calunnia. Modello di nobilissima matrona è Caterina Cornaro, la quale visse con dignità di regina e bontà di donna, e come scrive un contemporaneo, fece lionore alle venetiane (4). In contrasto con la compostezza dell’inclita donna, fu la torbida e tragica vita di Bianca Cappello; ma Bianca s’allontanò da Venezia nella sua prima giovinezza, e quella debole indole fu fatta più inchinevole al male dal corrotto ambiente mediceo. Fuggita a Firenze con Pietro Bonaventuri, sollevò dapprima l’indignazione del patriziato, che bandì con taglia di duemila ducati il seduttore, ma quando da favorita divenne fidanzata del granduca Francesco de’ Medici, la Repubblica inviò a ossequiarla i suoi ambasciatori, e la nuova granduchessa, incoronata da Antonio Tiepolo, fu proclamata vera e particolar (1) Speroni, Opere cit., voi. I, pag. 75. (2) Dolce, Della institution delle donne cit., pag. IO. — Alle donne che amavano imbellettarsi, Marin Sanudo, dà onesti consigli in questo curioso Soneto che insegna a far beleto (Bibl. Marc., cl. IX it. 369-, c. 81): Donne, un secreto ve voglio insegnare, de lisarve con bona conscientia, che mai vi sarà dato penitenza dal frate che vi andate a confessare. La prima volta ve convien pigliare grasso de hnnestade e de prudentia, oglio de vergogna e continentia, e col timor d'infamia mescolare. Senno, modestia, silentio agiongete; con bianca purità fate I unguento; quanto vi piace di quel ve ponete. E di voi ussirà uno olimento che chi ve vedrà voi consolarete. Et di ciò Dio ne sarà contento; e poi nel suo convento ve accetterà nel Santo Paradiso, se sol di questo ve adornate il viso. (3) Diamo, come esempio, i maligni giudizi sulle Veneziane del bizzarro Ortensio Landò, milanese di nascita, piacentino d'origine: • Sunt Venetae ingenio mirum in modum vario, cupiunt flavos capillos, et cutis candorem multo sibi • comparant artificio, sunt quidem forma bona, sed gestus et mores piane meretricio» habent, sunt tibis brevioribus • illic, tu multas offendes quae lucri gratia se prostent, multas item quae solum amoris quadam abundantia libenter assentantur: nimioluxu diffluunt, voluntatibus deditisslmae, oratione sunt placidissima ac lenociniis piena, si se amore • capi sinant (quod saepissime fit) nullum omnino discrimen faciunt pulcher an deformi», splendido an obscuro loco • natus sit ». Forcianae quaestiones, in quibus varia Italmum ingenia explicaniur multaque alia scita non indigna auctore Philalete Polytopiensi (Ortensio Landò), c. 13, t., Napoli, MDXXXVI. (4) Sabbadino degli Arienti, Gyntvera de le dare donne, Bologna, 1888, pag. 400, in • Scelta di curiosità lett. disp. CCXXIII. La Gynexera reca la data del 1483 e fu scrìtta in onore di Oinevra Sforza, sposa di Sante Bentivoglio. GASPARA STAMPA. Incisione dal ritratto erroneamente attribuito al Quercino. (Dalle « Rime », Venezia, 1738).