122 CAPITOLO V. cavano nella vita le gioie che essa può dare, senza abbassarsi a turpezze, ma anche senza troppi riguardi per le convenienze del viver sociale. Ve n’erano alcuni, tra i più onesti e rinomati, che non si facevano scrupolo di frequentare le veglie della famosa cortigiana Veronica Franco, nè sdegnavano la licenziosa familiarità dell’Aretino, col quale ebbe legami di intima amicizia anche il Sammicheli, uomo di castigati costumi e di vita pia e devota. Nè l’austerità della religione potè far dimenticare le consuetudini gioconde della sua Venezia a Sebastiano Luciani, che fu chiamato del Piombo, quando, resosi frate, ebbe l’ufficio di suggellatore dei brevi della cancelleria pontificia. Fu amico dell’Aretino e ne fece il ritratto, oggi nel municipio di Arezzo; e al poeta e filosofo Francesco Arsilli da Senigallia, frate Sebastiano scriveva: « Non vi meravigliate, non state « ambiguo che la frateria mi faccia mutare natura, «che sareste in grandissimo errore»*1). A Roma sopì l’ingegno nell’ozio e tra gli agi, preferendo ai pennelli i cibi delicati, circondato da una turba gioviale di amici, come il Molza e il Berni, il quale ultimo gl’indirizzò un capitolo, a cui il frate pittore rispose lepidamente. Lieti quanto quelli di Roma i ritrovi veneziani. Alle cene del Sansovino s’imbandivano le più squisite primizie della stagione; e il ricco pittore Michele Parrasio, intimo del Veronese, al quale lasciò morendo un legato, raccoglieva nella sua ornata dimora molti amici, regalandoli di confetture e di vini preziosi, acquistandosi così molti encomiatori, benché non sempre sinceri, de’ suoi quadri. Nella bella casa di Tiziano ai Biri, erano frequenti i festevoli convegni, ai quali prendevano parte Giulio Camillo, il latinista Francesco Priscianese, l’Aretino, i fratelli Zuccato, il Sansovino, Jacopo Nardi, Donato Giannotti, Fortunio Spira, l’architetto Serlio, e alcune donne gentili, quali Paola Sansovino, Giulia da Ponte, e la figliuola di lei, Irene da Spilimbergo. Nel 1540, il Priscianese, il Sansovino e Jacopo Nardi convennero in casa di Tiziano a una cena, mentre nella sottoposta laguna s’aggiravano le gondole « ornate di bellissime donne e risonanti di diverse armonie e musiche di voci « e di istrumenti » (2\ Visitatori ancor più cospicui vide la dimora del maestro. I due cardinali Granvelle e Pacheco vi sedettero a mensa, vi furono accolti molti principi, e vi andò anche il re Enrico III di Francia, accompagnato dai duchi di Ferrara, di Mantova e d’Urbino. Fra gli amici più intimi di Tiziano, era l’Aretino, alla cui mensa spesso sedevano il sovrano pittore e il Sansovino, inaffiando col trebbiano, regalato dalla Signora di Correggio, i tordi cotti col lauro e col pepe e i prosciutti del Friuli, mandati a inesser Pietro dal conte Manfredo di Collalto. L’amicizia del Sansovino e di Tiziano AUTOGRAFO DI MICHELE SAMMICHELI. (1) Gualandi, Mem. risguard. le belle arti, ser. I, pag. 64, Bologna, 1840. (2) Lettera inserita nel trattato Della lingua latina (Venetia, 1582) del Priscianese.