LA CITTÀ NELL’ARTE DEL RINASCIMENTO 69 d’uno solo. E come la Repubblica, che non faceva conto delle persone se non in quanto componessero lo stato, non permise che sulla piazza di San Marco, presso il palazzo dei dogi, fosse eretta una statua a un suo condottiero, onde si dovè ricorrere aH’accomodamento.'sottile d’i-nalzarla invece sulla piazza della scuola di San Marco ai Santi Giovanni e Paolo, così il ponte e la calle vicini al monumento non furono intitolati, come oggi si farebbe, al Colleoni, e neppure al Verrocchio e al Leopardi, ma all’opera, e si chiamarono ponte e calle dei cavallo. Lungo il secolo XV, Venezia da una città come tutte le altre, ove crescono piante e si muovono animali da lavoro e da traino, va trasformandosi in una città di sole pietre e di acqua, senza dintorni, senza alcuna cornice di campi e di alberi, senza alcuna varietà di terreni e di piantagioni, senz’altra base visibile che la sua stessa immagine riflessa nelle onde. Dinanzi a questo aspetto, non più visto sino allora, e che ha una sua propria impronta di bellezza, italiani e stranieri esprimono la loro viva ammirazione. Marcantonio Sabellico rimane estatico dinanzi alla singolarità di Venezia, che non rassomiglia neppure alle altre città di mare: « Alluitur urbs, non ut ple-« raeque aliae suis partibus marino « fluctu, sed ipsa tota mediis est aquis « sita, in qua praeter aedificia nihil « facile reperias, quod non idem sit « et mare; idcirco tota nauibus com-« modius quam pedibus peragratur: « quamquam ne hoc ipsum quidem dati retur, nisi pontibus iungerentur riui, « quibus non solum insulae, sed tecta « quoque pene singula inter se sunt « discreta » (1). Il canonico milanese, Pietro Casola, giungendo nel 1494 sulla laguna, lascia nei suoi ricordi di viaggio un vivace quadro della città « di cui non (1) M. Ant. Sabellici, De Venetae Urbis siili, in Ope LA CELLA CAMPANARIA E IL PINNACOLO DEL CAMPANILE. (1510-1516). è possibile dire nè scrivere pienamente la a omnia, Basileae, 1560, IV, 251-52.