AMORI, CONVERSAZIONI, FESTE, CONVITI 383 Sant’Angelo sul canalgrande, addobbandone l’atrio, il portico, le stanze, con tappeti, arazzi e quadri, e mettendo in mostra in una credenza argenterie pel valore di cinquemila ducati. Furono invitate molte patrizie, tutte vestite d’oro, listato e inquartato de seda. Era stato preparato una specie di trono di panno d’oro al principe, il quale, bello, grazioso e tacile ad innamorarsi, ballò fino a quando il suono di trombe, pifferi, pive, cornette, flauti, e i lazzi di buffoni, abbigliati nelle più strane fogge, annunziarono l’ora della cena (l). Alessandro Sansedoni senese, che ebbe nome di buon letterato, narra di una festa data alla Giudecca, il primo agosto del 1542, dal cardinale Marino Grimani, patriarca di Aquileia, in onore di Ranuccio Farnese. Fra Io sparo dei mortaretti e il suono dei pifferi e di altri stromenti musicali, giungevano all’approdo le barche dorate dei gentiluomini, i quali erano accolti da dodici cavalieri, con un pittoresco costume alla marinaresca di raso verde, foderato di ormesino rosso, con berretto e penne degli stessi colori. Dava ciascuno il braccio a una gentildonna in abito bianco. Nel cortile, dove stavano riunite più che tremila persone, un ginnasta turco fece maravigliare gli astanti rompendo con un pugno un pestello di bronzo, tenendo in equilibrio spade appoggiate con la punta alla fronte, sostenendo ritta sulla bocca una trave che sei uomini potevano reggere a stento. Dalla cima di un campanile era tesa una corda, sulla quale alcuni funamboli si arrampicavano e scendevano, facendo vari esercizi di ginnastica <2). Nella stanza, splendente di luce, tutta arazzi e stoffe d’oro, si diedero balli e banchetti, e per più giorni la città non fece che celebrare « la divitia delle « confezioni, la ricchezza degli argenti, Io splendore degli « apparati, la giocondità dei balli, il corso delle barche, « la quantità dei doni, la novità dei giuochi, il variar « delle musiche, la fragranza degli odori, l’armonia dei « canti, i tuoni delle artiglierie »<3). Un altro Grimani, il patriarca Giovanni, nel suo palazzo a Santa Maria Formosa, invitò a una festa in onore di Enrico III molti patrizi e trenta gentildonne in ricchissime vesti, trapunte d’oro e di gemme. Una di esse invitò a ballare con lei il monarca francese, il quale non potè accettare, essendo in lutto per la morte del fratello, ma presentò alla bella danzatrice uno de’ suoi gentiluomini perchè facesse le sue veci, e mandò poi l’abate Lippomano a far di nuovo le sue scuse alla dama, la quale, riconoscente, si recò presso il re a rendergli omaggio (4f. Un’allegria fin troppo tumultuosa turbava alle volte quei lieti convegni. Si considerava un dovere per il padrone di casa la splendidezza nelle feste e ne’ banchetti, e la spilorcieria era ritenuta dagli ospiti un’offesa. Di ciò s’ebbe un esempio il 26 gennaio 1508. Un compagno della Calza, Alvise Morosini, sposandosi (1) Sasudo, XXIX, 536, 547. (2) Sansedoni, Leu. a M. Isi/ìle Toscani. Per nozze San»edoni-Tolomeif Siena, 1868, pagg. 6, 7. (3) Aretino, Lett. dt., lib. Il, c. 321 t. (4) De Nolhac e Solerti, II viaggio di Enrico III dt., pag. 137. VALLETTO CHE PORTA LE VIVANDE. Particolare di • La Cena di Kmmaus » della scuola di Giambellino. (Bergamo, accademia Carrara).