LA PITTURA NEL PIENO FIORE ECC. 121 all’altra nella chiesa di Santa Lucia; le balie stipendiate con cinque ducati e mezzo e un par di scarpe per il loro allattamento, che durava per ciascuno dai venti ai venti-quattro mesi; i vari maestri presso i quali, raggiunti appena i quattro anni, li aveva collocati « a dozena per 8 ducati, 8 staia di frumento e 8 conzi di vino l’anno ». Egli nota anche, senza ira, la riluttanza a pagare dei suoi debitori, e i capricci delle donne di servizio, che se ne andavano senza neppur salutare, come quell’Ursula, che « scorozata per « non H aver data moneda a modo del suo bestiai appetito, se n’andò di mattina bonora, « a dizuno »; e come quella Marina che voleva gli fosse ripagato il salario col pretesto che l’aveva perduto, o quella Caterina che pretendeva di tenere in casa del padrone anche un figliuolo <*>. Le sventure, e tanto meno le noie della vita, non turbavano l’uomo savio e dabbene. Quando, nel 1559, fu inalzato al soglio pontificio Pio IV, il pittore, che dal Vaticano aveva avuto onori e ricchezze, sentì il dovere di recarsi a Roma per rendere omaggio al nuovo papa. Ma, ormai vecchio di settan-tadue anni, egli non si decideva al viaggio lungo e disagiato. Volle rifare il testamento, forse col presentimento di non poter più riposare la vecchiezza nella sua dolce casa. Partì nel 1561, ma, giunto a Roma, dopo pochi mesi moriva, ed ebbe tomba gloriosa nel Pantheon, accanto a Raffaello. Da questi pochi particolari, alcuni noti, altri men conosciuti, può forse intravve-dersi la vita di quegli uomini, che fecero risplendere intorno al nome di Venezia la luce dell’arte. Buoni e onesti i più, di costumi piacevoli, si facevano ugualmente amare dai grandi e dagli umili, si tenevano d’ordinario lontani dalle disuguaglianze e dalle irregolarità, dalla rusticità e dall’arroganza, che si notavano in alcuni celebri artisti d’altri paesi. Un segno dei loro costumi urbani e cortesi era la cura che parecchi ponevano nel vestito, che di solito, negli artisti, è stravagante, bizzarro e in contrasto col gusto comune. Paolo Veronese, quantunque parco nello spendere, amava usar sempre abiti di prezzo e calzari di velluto. Il Tintoretto, che prima del matrimonio vestiva modestamente, nell’età provetta usò la toga per compiacere alla moglie, che insuperbita lo stava a mirare dalla finestra, quando egli usciva di casa. Jacopo Sansovino, a detta del Vasari, si dilettò di belle vesti, e fu sempre politissimo della persona, « piacendoli «tuttavia le femmine fino all’ultima vecchiezza». Leandro Bassano, figlio di Jacopo, indossava ricchi panni, e poneva al collo le insegne di San Marco. Giovanni Contarmi, ingegnoso e vivace coloritore, usò negli anni maturi la toga, ma nella giovinezza amava adornarsi di collane, di fermagli dorati, di cappelli con larghe piume <2>. Taluni fra gli artisti, non contenti di produrre il bello, operavano il bene; altri cer- (1) A. Battistella, Giovanni da Udine nella sua vita privata, in «Atti Ist. Ven. », 1922-23, t. LXXXII, pag. 52 e segg. (2) Ridolfi, voi. II, passim. LA CASA DI TIZIANO A VENEZIA COM’ERA NEL 1832. (Dal libro del Cadorin « Dello amore di T. ecc. », pag. 49).