416 CAPITOLO XII. paesi e che trovò qualche imitatore anche ai dì nostri, si fabbricarono organi di cartone (ex papiro), che si rendeva sonoro come il metallo. E coi più nobili ornamenti si decoravano gli organi delle chiese, tra i quali basti ricordare quello di San Sebastiano, costruito nel 1558 dall’organaio Alessandro Visentini dal Palazzo, intagliato neH’arinadìo da un maestro Francesco Fiorentino (1) sui disegni di Paolo Veronese, il quale dipinse sulla faccia esteriore degli sportelli le storie della Purificazione e nel- ORGANO DEL SECOLO XVI. (Dal « Vitruvii, De Architectura, cum commentariis Danielis Barbari »). (Venetiis, apud Franciscum Franciscium Senensem et Ioan. Crugher Germanum, 1567). contradadi San Pantaleone, si obbliga con frate Eliseo, priore di Santa Caterina in Treviso, di costruire un organo con sette registri. La prima canna doveva essere lunga piedi dieci, non computando la base, e il resto secondo misura. Il prezzo era stabilito in 150 ducati, «et le spese de bocha de dito maistro Nicola et soi operarli et caxa (alloggio) al «tempo de meter suso dito organo: cum conditio che diti segnor frati siano tenudi a pagar la bolleta del dazio hì « entrata in Treviso». (« Arch. Ven. », a. 1887, t. XXXIII, pag. 149). Un altro contratto si stipula, il 6 febbraio 1575, tra il patrizio Andrea da Mula e Girolamo Francesco da Montenegro e Francesco Bressan, i quali dovevano costruire un organo per la chiesa di San Vio in Venezia. L’organo doveva avere l’altezza di cinque piedi, con le tre voci da « basso » e con sei registri, « ciò è il tenor, otava, quinta, desima, desima nona, vigesima seconda et flauto ». I due maestri organari si obbligavano di fare le canne grosse « a portion et facendo bela mostra davanti, come de feramenta, « legname et foli et altro ». Promettevano che l’organo avrebbe sonato « perfettamente », rimettendosi al parere « de in-« telligenti organisti », e qualora non fosse « cognuciuto per buono et perfetto dovevano tuorlo indriedo, e restituire i «denari anticipati». Il prezzo: ducati cento da lire 6 e soldi 24 ciascuno. «Arch. Ven.», a. 1878, t. XV, pag. 174. (1) Cicogna, Iscr., IV, 154.