L’ARTE NELL’INDUSTRIA 147 fregi sulla lama e sull’elsa, misericordie e pugnali coi manichi di avorio incrostati di gemme, con le guaine di velluto cerchiate d’oro e imperlate, armature con rilievi a bulino su fondi abbassati con l’acquafòrte, celate ricoperte di velluto cremisi con ornati di bronzo dorato (1). Vittore Gambello, che passava, con maestria pari alla facilità, dallo scalpello dello scultore al rastiatoio dell’orefice e dal granitoio del fonditore allo stozzo dell’ar-maiolo, aveva anche trovato « uno modo novo da far arma de doso zoè curazine, pec-« torali ed armadure... le quale stavano a prova et paragone de spada, pugnale, spedo, « partesana » (2). D’invincibile tempera erano pure le armi che si fabbricavano nelle città soggette alla Repubblica: Brescia colla sua Valtrompia, Belluno, Verona, Serravalle. MAHMUD-EL-KURDI (SEC. XVl) — COPERCHIO DI TAZZA DA GELATO. (South-Kensington museum). Rinomate in tutto il mondo le armi delle fucine venete: dai cannoni, i sagri, le bombarde ai moschetti e agli archibugi, dai falcioni, le picche, le alabarde alle spade, agli stocchi, ai pugnali, alle lingue di bue (cinquedea). Alla fine del secolo XV, Brescia contava du-gento fabbriche d’armi dentro le sue mura: Carlo V mandava dal Martinoni bresciano a temperare e a cesellare la sua armatura, e Francesco I il suo pugnale (3). Andrea Ferrara, menzionato nei romanzi di Walter Scott come il primo armaiolo d’Europa, era bellunese, originario di Fonzaso, e nel 1567, insieme col fratello maggiore Giandonato, maestro nelle celebri fucine di Giambattista Barcelloni a Fisterre, presso Belluno (4). (1) Viollet Le-Duc, Dict. cit., t. VI, pagg. 253, 273. NelParmeria reale di Torino si conservano quattro celate veneziane: tre semplici di ferro bronzato, e una coperta di velluto cremisi, con ornati di bronzo dorato e con lo stemma dei Tiepolo. (2) Supplica (1509) per privilegio di V. Camelio al Senato, in « Boll, di arti, ind. e curiosità ven. », 1877, 1, pag. 60. (3) Sono uscite dalle officine bresciane le bellissime armature che appartenevano ai Martinengo e ai Gambara, e che oggi si ammirano nelFarmeria di Torino. (4) Pellegrini, Di un armaiuolo bellunese del sec. XVI, in « Arch. Ven. », a. 1875, t. X, pag. 43.