48 CAPITOLO III. oscure potenze infernali perfino nelle furie delle tempeste, che talvolta il mare portava entro le isole (1). Non senza ragione Pietro Aretino osservava: « Dio vole che « Venezia concorra d’eternità con quel mondo, che si stupisce come la natura le habbia « fatto luogo miracolosamente in un sito impossibile » <2). Ai danni della natura si aggiungevano quelli che le condizioni speciali delle abitazioni rendevano talvolta inevitabili, come gl’incendi. Non più, come nell’età di mezzo, il fuoco sterminatore che distruggeva intere contrade, ma ancora davano ad esso facile alimento le vecchie case, in gran parte di legno, a ridosso le une alle altre, e il legname pure adoperato in gran quantità nelle nuove. Nel 1523, la cura di provvedere ai mezzi di spe- ARCH. SANSOVINO — IL PALAZZO CORNARO A SAN MAURIZIO. giumento fu dal Governo, con una di quelle strane e non rare deliberazioni che mescolavano gli uffici più disparati, affidata ai magistrati contro il lusso <3). Gl’incendi continuavano rovinosi, il palazzo ducale ne fu danneggiato più volte. Nel 1483 la prima fiamma s’accese nell’appartamento del doge; un altro incendio scoppiò nel 1574; più terribile quello del 20 dicembre 1577, che incominciò dalli camini di alcune stantie degli scudieri del Ser.mo Principe (4) e distrusse le stanze della quarantia, la sala dello scrutinio e la sala del maggior consiglio, coi dipinti di Gentile da Fabriano, del Bellini, del Vivarini, del Carpaccio, di Tiziano, del Pordenone, del Tintoretto, del Veronese. Anche nell’arsenale, nel secolo XVI, scoppiarono vari incendi: fierissimi nel 1509 e nel 1569, poiché il fuoco, alimentato da materie infiammabili, si propagò furiosamente e fece saltar in aria (1) Gallicciolli, I, 798. (2) Aretino, Lettere, Parigi appresso Matteo il maestro, 1609, lib. I, c. 3 t. (3) Arch. di Stato, C. X, Misti, reg. 46, c. 83 t., 1523, 8 ottobre. (4) Ibid., Cerimoniali, I, c. 64 t.