374 CAPITOLO XI. Un altro ritrovo piacevole era la casa del patrizio poeta Domenico Veniero, il quale nel 1549, a trentadue anni, avendo perduto l’uso delle gambe, ebbe il conforto della compagnia di molti amici, ai quali offriva spesso trattenimenti letterari e musicali <». Intorno al 1545, il duca Guidobaldo d’Urbino, con la moglie Giulia Varano veniva spesso a Venezia, e il loro palazzo era il convegno di letterati e artisti eminenti, le cui discussioni possiamo udire ancora nel dialogo dello Speroni su La Fortuna (2). Più allegri dialoghi in altre adunate di dame e cavalieri, che al libero motteggiare accompagnavano la lettura di novelle ridanciane, tutte piene di amoretti, astuzie donnesche, melensaggini di mariti, intrighi di serve, burle a preti e a torzoni. Saliva come un impeto di giocondità dalle novelle pruriginose e salaci del gran maestro di Certaldo, del Bandello, del Giraldi, del Bargagli, del Malespini e del veneziano monsignor Giovanni Brevio (3), al quale la veste talare non vietò di scrivere cinque oscene novelle, tra cui quella del Belfagor, pubblicata nel 1549, rifacimento delia novella del demonio che prende moglie di Niccolò Machiavelli (4). Ebbero pure molta fortuna, Le tredici piacevolissime notti di Giovan Francesco Straparola da Caravaggio(5), il quale finge che intorno a Ottaviano Maria Sforza e a sua figlia Lucrezia Gonzaga, che circa nel 1536 dimoravano a Murano, si raccogliessero dame e cavalieri, per attendere nelle serate di carnevale a suoni, a canti, a danze, inframmessi da piacevoli novelle e da lieti conversari ne’ quali si proponevano enigmi, che per riuscir dilettevoli diventavano spesso lascivi. « 1 suoni, i canti, le lettere, che fanno le femmine, sono « le chiavi che aprono le porte della pudicitia loro », scriveva l’Aretino (6>. L'arte, per molti aspetti, significava dissoluzione; eppure la Chiesa stessa lasciava passare quest’arte lubrica, per addormentare le menti, che avevano cominciato a figger lo sguardo ne’ chiusi abissi del dogma. Meglio adunque lo sconcio frizzo dell’Aretino, che l’austera parola del Pomponazzo, piena di nuove audacie; la serenità e il riposo della vita tenevano lontani i dubbi del pensiero, e tra le costumanze leggiadre non si ascoltavano le discussioni del libero esame. 11 guasto del costume non era unicamente provenuto dalla rinascita delle lettere classiche, chè una grossolana sensualità regnava • signori di Spilimbergo cum el nome del sig. Dio et di bona ventura in questo zomo sopra ditto el zobia de note » venendo al venere ha ore 4 over 5 de notte parturitte una putta: nassette in Spilimbergo....» Conosciamo dallo stesso Diario il decorso della malattia d'Irene, che * adi 17 dicembre 1559.... rendette la felice anima sua al suo Creatore, « come un'angeletta se ne assese al ciclo fra li Santi Angeli •. (1) Valerio Marcellino, il Diamerone ove con vive ragioni si mostra la morie non esser quel male che il senso si persuade, Vinegia, Giolito. MDLXV. La scena del dialogo sono le stanze di Domenico Veniero. — O. Parabosco (Rime, Vinegia, 1555, voi. II. pagg. 54 e 60 e Diporti cit., pag. 307) ricorda tra i frequentatori Federico Badoaro, fondatore dell'accademia della Fama, Qirolamo Molin, l'Amalteo di Oderzo, lo Speroni, l'Aretino, il filosofo Lorenzo Contarini, Daniello Barbaro, Bernardo Tasso, Dionigi Atanasi, Giambattista Susio, medico mirandolese. Celio Magno, Adriano Willaert, huomo divino e, fra tanto senno, un mercante tedesco, Cristoforo Mielichs, agente dei Fugger d’Augusta, e amico del buon vino. Altri nomi ricorda il poeta anconitano Ant. Giac. Corso (Le rime, Vinegia, Comin da Trino, 1550), che fece lunga dimora a Venezia, e che dalla villa di Revollone sul Padovano, scrive al Veniero: Dalla mia donna tornerò e da voi, Nella bella città del mar padrona, Ch'amor pur mi ricorda i fatti suoi; E fa si che in oblio l'antica Ancona Ho posto in tutto e d'altro non mi cale, Che del Veniero e d'un'altra persona.... Cfr. Serassi, La vita di D. V. preposta alle Rime dello stesso, Bergamo, 1751. (2) Speroni, Opere cit., voi. II, pag. 336 e segg. Gl'interlocutori del Dialogo sopra la fortuna sono, oltre l'autore, don Diego di Mendozza, conte Giangiacomo Leonardi, Giangiorgio Trissino, Bernardo Navagero, Marcantonio e Domenico Morosini, Daniello Barbaro, Federico Badoaro, Domenico Veniero. (3) Novelle di tttons. Brevio e di Marco Cadenosto, ediz. formata sulla rarissima di Roma, per Antonio Biado asolano del 1545 (Milano, 1819) pref. di Dionisio Pedagogo (Giovita Scalvini). (4) Machiavelli, Operette satir. (La nomila di Belfagor) introd. e commento di L. F. Benedetto, Torino, 1920. (5) Rua, Intorno alle * Piacevoli notti » dello Straparola, in « Giorn. stor. d. lett. it. », a. 1890, voi. XV e XVI, e Le piacevoli notti di messer Francesco Straparola, Roma, Loescher, 1898. (6) Aretino, Lett. cit., lib. 1, c. 105 t.