DOCUMENTI 497 la cità principiata in quello monte, et fu judicato in favore de Minerva, et però se conclude questa represen-tatione, che cum la unione de la pace se mantengano li stati, e però spectare a chi fa simile effecto el ponerli el nome, corno Minerva pose a quella, nominandola Athene, dove fu el fundamento del studio, secondo se dice. Passando più inante comparsino altre galee, fuste, et barche pur bene ornate, fra le quale era una galea armata de Milanesi cum uno moro in sedia, cum un’arma in mane a guisa d’una aza et tarchoni ducali et de la signoria vostra cum bandere attacate a la prora et popa. In cerca al qual moro erano la sapientia cum el sexto in mano, la forteza, temperantia et justicia, li quali fecino bellissimo spectaculo cum tirare de schiopeti, bombarde et razi, che l’era una grande gentileza. Apresso li erano molte barche ben ornate, facte da tute le arte, che representavano li suoi esercitij, e facevano uno bel vedere. Et cosi intrassimo nel canale grande, ove lo illustrissimo principe, oltra che già havesse commenzato ad usare grande domisticheza cum nui, parlando de diverse cose, haveva gran piacere in mostrarne li palazi de questa cità, et in spetie le damiselle, le quale, oltra 130 erano nel bucintoro ornatissime de infinite gioye, stavano a le finestre, tutte ancora loro ben ornate, et certo era stupendissima cosa a vedere, et tute le altre cose notabile, fin che giongessimo al palazo de lo illustrissimo signore mio patre, dove siamo allozati, et qui volse el principe smontare et accompagnarne fin alla camera, benché la illustrissima madona mia matre et io recusassimo assai. Trovassimo tuto el palazo tuto coperto de tapezaria et cum molte arme ducale et de la signoria vostra, et li celi coperti de panni de raza, in le camere et in le sale de panni alla sforcesca, in modo che de bona cera, de compagnia, de apparati non si poria desiderare melio. Questa sira sono puoi venuti tri zentilomini a visi-tarme in nome de la signoria, offerendo tanto largamente, che più non se poria dire per piacere et commodo mio. Domatina se è tolto posta de l’audientia; de quello seguirà più oltra ne avisarò la signoria vostra, ala quale me ricommando. Venetiis xxvii may 1493. Excellentiae Vestrae consors cordialissima Beatrix Sfortia Vicecomes etc. II. Illustrissimo ed excellentissimo signore mio consorte observandissimo. Sequitando l’ordine in significare ala excellentia vostra tuto quello, che a di per di mi occorre, l’aviso corno questa matina la illustrissima madona mia matre, el signore don Alphonso, ma Anna et io cum tuta la compagnia se ponessimo a camino per andare ad oldire la messa a santo Marco, dove el principe ne haveva invitati cum li nostri cantori, et per mon-strarne el thesoro: ma inante giongessimo a santo Marco, smontassimo in terra a Realto, et a pede ne andassimo per queste strade, che sono marzarie, dove trovassimo le boteche de speciarie, de setha tute ben in ordine et per qualità et per quantità grandissima de diverse cose, et così de le altre arte, che facevano uno gran bel vedere, per modo che ne facevano sovenzo demorare per vedere hora una cosa, hora un’altra, e non ce rincresceti niente fin a santo Marco, dove gionti che fussimo, sonando li trombeti nostri sopra la chiesa ad una logia denante trovassimo el principe, che ce ne venete in contra presso la porta de santo Marco, et postosi in mezo de la illus.ma madona mia matre et mi, secondo l’ordine servato altre volte, ne condusse a l’altare dove trovassimo el sacerdote ben parato, cum el quale, ingenochiati el principe et nui, se disse la confessione, poi andassimo alle sedie ordinate, et oldissimo la messa, quale dal sacerdote fu cantata so-lemnemente cum li altri ministri soi, et li cantori nostri la ornarono, piacendo molto al principe et a tutti li altri el cantar loro, et in specie de Cordiero, el quale ha sempre posto gran studio de ben satisfare al honore de la signoria vostra. Fornita la messa, se aviassimo pur col principe al loco del thesoro, nel qual loco per la grande multi-tudine del popolo che era concorso, corno ancora era per le strate, durassimo la magior faticha del mundo a in-trare, non valendo che’l se facesse ogni cosa per fare dare loco, cridando fin al principe, el quale principe, per la gran spinta, fu forza ne abandonasse, et ne lassasse intrare nui cum pochi, che fui poi anchora cum gran faticha. Intrati vedessimo a cosa per cosa el thesoro, che ne fu de gran piacere, et per esserli infinite et belle gioie curri alcuni dignissimi vasi. Usciti andassimo per la piaza de santo Marco sopra le boteche de la fera, dove trovassimo tanta copia de vetri belli, che l’era uno stupore, et qui ne fu forza demorare gran pezo et vedendo che l’hora faceva tarda, se aviassimo a casa a disinare, che erano XVII hore. Io era vestita de la veste de panno morello recamato cum li pecti reversati, che havevano el caduceo; haveva el vezo de perle a collo et lo robino in pecto, a le quali gioie, et in ispetie al rubino, se guardava tanto et si parlava cum dire « quello ha posto l’uno dì, non ha posto l’altro »; che ce fu de quelli, che mi mis-sano quasi l’ochi fin sopra el pecto per guardarlo; et vedendo tanta anxietà, io li disse dovessimo venire a casa, che gli lo monstraria voluntera. Questo è quello in che se è consumato questa matina; poso disinare andaremo a la festa ordinata in palazo, et del seguito ne avisarò la excellentia vostra, a la quale me recommando. Veneciis xxx maii 1493. Excell. vestrae consors cordialissima Beatrix Sfortia Vicecomes etc. (a tergo: Il.mo principe et excell. domino et consorti meo observandissimo domino Ludovico M.e Sfortie Vicecomti etc. ubi sit cito. III. Illustrissimo ed ex.mo signor mio consorte observandissimo. Repossati un poco poso el desnare, veneteno molti zentilhomini a levarne, per acompagnarne a palazo a la festa, et così ordinatamente se inviassimo sopra li piatti; et gionti al palazo, foromo acompagnati a la salla grande, dove era in testa uno tribunale grande, che faceva due alle dreto al muro al longo de la salla, et nel mezo de la salla era uno tribunale quadro, facto per ballarli, et fare le representatione se feceno. Montati sopra lo tribunale grande, trovassimo gran numero de zentil-done venetiane, quale se dice erano 134, tute bene ornate de gioie. Al’ alla da mano drita e l’intrare suso era el signore de la compagnia de li potenti sopra una sedia cum lo testale de brocato d’oro rizo, dove sedeva appresso el signor don Alphonso a mano drita, per essere de la compagnia. Nuy andassimo a sedere a l’altra alla, mandando madona Anna a star appresso el signor de la compagnia. El principe non li interveneti per non sentirse gagliardo a stare a queste simile feste, ma lassò uno mes-ser Costantino Privolo, quale tenete el loco suo. Questo è de la signoria el più vechio. El principio de la festa fu de ballare quelle zentildonne, tre o quatro per volta; poy, recercandosi che facessimo ballare qualcune de le nostre cum li nostri, li compiacessimo per demostrare domestichezza, et così ballò el Contino, Hieronymo da Figino ed alcuni altri. De le done ballò la mugliere del conte Francesco Sforza, le fiole de messer Sigismundo et de messer Raynaldo, et alcune altre. In questo ballare, per el gran caldo faceva, et per sentirme alquanto grave la testa cum uno poco de dolore ne la golla, mi levai et redussime in una camera, dove repossai una hora. Poi tornai sopra la festa, dove facendose sira, apizate 100 torze sopra legni atacati al celo, fu facto una representatione, in la quale comparsino dui animali grandi cum due gran come in testa, et sopra cavalcava uno travestito per ciaschuno molto adorno cum una balla d’oro in mane, che pareva una copa coperta facta a foglie; dreto questi Molmenti, La Storia di Venezia nella Vita Privata — P. II.