458 CAPITOLO XIV. giunti Altra causa di corruttela erano le schiave, acquistate sui mercati d’Oriente. Nel secolo XV il senato stabiliva un dazio di cinque ducati per ogni schiavo che giungeva a Venezia, ove, pur sulla fine del secolo XVI (1598) e più oltre, approdavano carichi di schiavi <2). La loro vita, sin dai vecchi tempi, non era triste: trattati molte volte meglio dei domestici, adoperati sovente come gondolieri, essi (e specialmente le schiave) ricevevano spesso abbondanti lasciti dai testatori. Le schiave giovani e le belle erano destinate ad intimi servigi: a quanto narra un orator milanese, il doge Pietro Mocenigo dormiva con due bellissime giovani turche, da lui acquistate in Levante (3). Le schiave servivano pure da nutrici, e, in alcuni stranienti di compravendita, si cedono con il loro latte <4). Oltre a ciò, i Veneziani, che amavano robbe sode, morbide e fresche e non delle petrarchescarie <5), ricercavano fantesche e balie di terraferma, specialmente del Friuli, patria di femmine forti e possenti, così che, fin dal 15 aprile 1390, una deliberazione del Consiglio di Udine riprovava la iniqua e prava contaminazione di molte pessime donne, che mandavano a Venezia« le balie « e le serve dei cittadini udinesi a prostituirsi », onde non solamente vi aveva penuria di nutrici e di domestiche, ma ne pativa anche il buon nome dei friulani <6). Quasi ciò non bastasse, s’aggiungeva il dilagare della prostituzione, che, secondo il Sa-nudo, noverara 11.654 femmine pubbliche (7), le quali dal vecchio confine del Castelletto a San Matteo di Rialto e delle Carampane a San Cas-siano si spandevano per tutta la città <8). Alcune, volendo j distinguersi da quelle d’infima classe, alle grazie del corpo aggiungevano gli allettamenti dello spirito (9): ciò concedeva loro il titolo cortese di cortigiane, e anche l’epiteto di honorate. Qualche critico vuole che ciò che maggiormente ^distingue il Rinasci- (1) Il Sanudo (XIV, 545, 1512, 2 ag. narra che a Chioggia fu bruciato un padre «per aversi empasato con tre « soe fiole. Scoperto, fata la conscientia da uno suo genero retenuto, fato processo, confessò et cussi fu brusato ». (2) Vedi il quaderno di spese per il trasporto a Venezia di una compagnia di schiavi, riportata in Appendice, Documento G. Sul commercio e sulla condizione degli schiavi cfr. Cibrario (Della schiavitù e del servaggio, Milano, 1868) e Lazari (Del traff. e della cond. degli schiavi, in «Misceli, di st. it. », Torino, 1862, voi. I). Quando nei domini veneziani sia cessato il triste traffico, con precisione non è stabilito. Certo è che si faceva fino oltre alla metà del secolo XVII, e il Governo non lo impediva. Nel 1661, il provveditore a Cattaro, Gianfrancesco Orio, scriveva al Senato che tal commercio era il principale, anzi Vunico alimento dei Morlacchi e degli Aiduchi, ruovamente venuti all'antica devotione. II provveditore non impediva il traffico, per non scontentare i sudditi e privarli del cotidiano sostenimento, ma aveva par-ticular accuratissima mira che tra gli schiavi non vi fosse qualche cristiano o suddito. Per i turchi e gli infedeli, piena 1 ib3rt\ di commercio. Con questi fondamenti— conchiudeva il provveditore — ho rilasciato le fedi e permesso l'estrattioni’ (3) Arch. di Stato di Milano, Carteggio dipi, venez., disp. 11 febbr. 1475. (4) Arch. di Stato, Sez. Not. Atti Filosofis Domenico, 1405, III, 2, 5. — Atti de Paolo, 1445, III, 4, 5. (5) Aretino, Ragionamenti, P. II, pag. 48, 3ft ed. di Bengodi, 1584. (6) Marcotti, Donne e monache, Firenze, 1884, pag. 223. (7) Sanudo, Vili, 414. Il numero parrebbe eccessivo se il menzionato mercante Merlini, altrettanto veridico, non confermasse che vi erano femene pubbliche da partido n. /1654. (Dalla Santa, La Lega di Cambray cit., pag. 31). E i1 frate Bernardino Ochino in una predica esclama: «Descendi in forse dieci o dodici mila case da meretrici in questa « città che sono stati tanti inferni, dove hanno rubato e assassinato tante anime e toltali la gratia de Iddio ». Ochino Prediche cit., pag. 9. (8) Bandello, Novelle, P. III, nov. 34. (9) Quantunque il nome di cortigiana fosse dato indistintamente a tutte le donne che facevano traffico di sè, pure andavano distinte le cortigiane dalle meretrici dei bordelli. Citolini, Tipocosmia, pag. 443 Venezia 1561.