LA NUOVA CULTURA 255 tranne appena qualcuno; quelli, per esempio, di Giambattista Cipelli, detto l’Egnazio (n. 1473, m. 1553), maestro dalla parola limpida e profonda, di Sebastiano Erizzo, traduttore di Platone, novelliere non sempre noioso e dotto numismatico, di monsignor Giovanni Brevio(m. 1550), poeta, novelliere e traduttore d’Iso-crate^1*, di Lodovico Dolce che scrisse di troppe cose (2). Da questa folla letteraria esce fuori Pietro Bembo. Nel 1512 recatosi a Roma e divenuto segretario di Leone X, lasciò nel 1521 il frastuono della grande città, per riparare nuovamente in patria e nella quiete studiosa e contemplativa della sua villa padovana. Circondato da una schiera di ardenti ammiratori, fece di Venezia e di Padova due centri di cultura classica e italiana, e fervido ammiratore delle glorie medicee seppe conciliare le due tendenze degli studi classici e volgari fra loro in contrasto, esortando gl’italiani a studiare la lingua toscana in Petrarca e in Boccaccio, con lo stesso amore e le stesse norme con le quali studiavasi il latino in Virgilio e in Cicerone <3>. Ma se il Bembo, Andrea Navagero, Giovanni Cotta, Marcantonio Flaminio e altri sembravano coe- tanei ed emuli dei poeti più insigni dell’antichità, tanto era nei loro carmi latini la eleganza, l’armonia del numero, la fantasia elevata dalla dottrina, la nobiltà dei concetti, le loro poesie italiane, invece, come quelle di una gran moltitudine di imitatori, s’intristivano nella servile imitazione del canzoniere petrarchesco, considerato il codice letterario imprescrittibile (4). Fra la turba dei verseggiatori italiani, hanno, oltre il Bembo, qualche durevole diritto alla fama Celio Magno, Orsatto Giustinian, Andrea (1) Si può far menzione anche di Angelo Gabriele, che nel 1492 andò con Pietro Bembo a Messina, per assistere alle lezioni di Costantino Lascaris; di Vincenzo Quirini, raccoglitore di codici orientali e acuto diplomatico; di Paolo Canal, morto giovanissimo nel 1508, cultore del greco, del latino, dell’ebraico, della filosofia e della matematica; di Marco Morosini, poeta e filosofo; di Andrea Trevisan, giurisperito e compilatore di un dizionario in volgare; di Francesco Amadi (m. 1566), letterato e buon intenditore di cose d’arte; di Alvise Dardano, cancellier grande, che scrisse in difesa delle donne, di Pietro Bruto e di frate Sisto de’ Medici, che scrissero contro gli ebrei; di Giovanni Lorenzi, segretario di Innocenzo Vili. (2) Altri fecondi poligrafi furono Francesco Sansovino, Girolamo Ruscelli da Viterbo, Lodovico Domenichi e l’organista Girolamo Parabosco piacentini, Dionigi Atanagi da Cagli, Tommaso Porcacchi da Castiglion fiorentino. Vissero lungamente a Venezia, provvedendo le tipografie di molto materiale scritto. (3) Carducci, Opere (La gioventù di L. Ariosto), Bologna, voi. XV, pag. 222. (4) Niccolò Franco, Il Petrarchista, dialogo, Venezia, Giolito, MDXXXIX. LEANDRO BASSANO (?) — RITRATTO DI PAOLO SARPI. (Biblioteca Marciana).