100 CAPITOLO V. Le botteghe dei Bellini acquistarono così grande rinomanza, che molte erano le domande per esservi accolti. Elisabetta Morosini, sposa d’uno dei Frangipane, signori di Veglia, l’il maggio 1471, scriveva al fratello Marco a Venezia: « pregemo caramente vui « messer Marco chel ue piaqua, per la amicitia qual intendemo che hauedi con Zentil « ouer Zuane Belin depentori, astrenzerli per tal modo che i uogliano insegnar la rason «del desegno a pre Domenego nostro»(1>. I due grandi pittori si ebbero sempre in tanta e vicendevole riverenza, che, l’uno celebrando l’altro, gli si professava inferiore, secondo l’affermazione del Vasari, la quale è ravvalorata da un poeta veronese del Quattrocento, che in due sonetti finge un dialogo fra i due fratelli, pieno di vicendevole amore. L’amor mi strigne e tua gentil natura Per te ogni senso a reverir tua gloria, --dice Giovanni a Gentile, e questi risponde esaltando nel fratello la grafia alta e divina <2). Furono ambedue chiamati a decorare il palazzo dei dogi, e nel 1474 ottennero, in premio delle so fadighe <3>, la nomina di sensali o messeti ai pubblici fondachi, ufficio di molto provento, accordato spesso agli artisti <4>. Nel 1469, Gentile era stato creato cavaliere dello speron d’oro e conte palatino da Federico III imperatore. Dopo dieci anni, un orator Judeo del Signor Turco richiese, per Maometto II, un buon pittore e un fonditore alla Signoria di Venezia, la quale mandò a Costantinopoli Gentile « con le galie di Romania, e la Signoria li pagò le « spese e partì adì 3 settembre » <5), insieme con due operai (famuli) di un fonditore, di nome Bar- --. tolomeo <6). Il pittore fu lietamente accolto da presunto autoritratto di Giovanni bel- Maometto II, del quale fece parecchi ritratti (7), e (Roma, galleria capitolina). Qrnò gH appartamenti con quadri alquanto licenziosi, di cui si piaceva, contro i precetti del Corano, il sultano che alternò la sua vita fra le armi, le cure del governo, gli studi e gli amori <8>. Dopo un soggiorno di quindici mesi il Bellini, prima di partire, sulla fine del (1) Aneddoto, in « N. Arch. Veneto », a. 1891, t. II, pag. 382. (2) Biadego, Variazioni e divagazioni a proposito di due sonetti di Giorgio Sommariva, Verona, 1907 (per nozze Ge-rola-Cena), pag. 23. (3) Malipiero, Annali cit., II, 663. (4) L'ufficio di sensale portava l’esenzione dalle tasse, un’annualità di centoventi ducati e la commissione per venticinque ducati del ritratto del doge. (5) Sanudo, Spoglio di cron. venez. cit. da Jac. Morelli nella Notizia d'opere di dis. della prima metà del sec. XVI, ed. Frizzoni, Bologna, 1884, pag. 9. (6) Arch. di Stato, Notatorio Collegio, reg. XX (1474-1481), c. 106. 7) Uno di questi ritratti, venduti, come tutte le altre pitture, dopo la morte di Maometto, è oggi nella galleria nazionale di Londra, proveniente dalla raccolta Layard. (8) Fra le opere compiute dal Bellini a Costantinopoli, furono creduti i disegni della colonna Teodosiana, che ora si conservano a Parigi, e sono probabilmente del secolo XVII (Thuasne, Gentile Bellini et Sultan Mohammed II, ecc., Paris, 1888). Il Thuasne riferisce sul Bellini alcune notizie, tratte dal manoscritto di una Historia (custodito nella Biblioteca nazionale di Parigi) di Giovanni Maria Angiolello, nato a Vicenza nel 1452 circa. Appena sedicenne, insieme col fratello Francesco, prese parte alla guerra di Venezia contro il Turco. Alla battaglia di Negroponte (1472), Francesco fu ucciso e Giovanni Maria fatto prigioniero. Maometto II donò il giovine vicentino al figliuolo Mustafà. Dopo quindici anni di schiavitù, l’Angiolello potè fuggire e riparare in patria, dove morì poco dopo il 1524. Nelle sue Memorie, inserite nella Historia Turchesca di Donato da Lezze, sono descritti gli avvenimenti di cui fu testimonio. J. Ursu, Uno sconosciuto stor. venez. (Da Lezze), in « N. Arch. Ven. », a. 1910, t. XIX, pag. 6 e segg.