I PALAZZI, GLI ORTI, LE VILLE 179 il soffitto d’argento dorato, le lenzuola del letto tessute d’argento, i guanciali ornati di perle e di gemme (l). Anche volendo detrar molto da queste esagerazioni degli ospiti stranieri, tuttavia il lusso veneziano cominciava a passar la giusta misura, così che il conte Jacopo di Porcia nell’operetta De Reipublicae venetae administratione, data a stampa in Treviso intorno al 1492, poteva scrivere: «Quid multa et varia domestica « ornamenta proferam? Quid pretiosam illam argenti et auri supellectilem? Quid aulaea « et omnia stragulorum genera, quibus domus vestrae penitus renident? In quibus adeo O. MANSUETI (SEC. XV) — LA SCALA E L’ATRIO DI UN PALAZZO. ■ LA FIGLIA DI BENVEGNUDO GUARITA MIRACOLOSAMENTE (Venezia, Accademia;. « modum exceditis, ut cuiuslibet Veneti privati supellex, amplissimam domum regiam « exornare posset? ». L’aristocrazia veneta, al pari di tutte quelle che sono a capo di uno stato, aveva incominciato con la semplicità e a poco a poco s’era data allo sfarzo. Fino a che i nobili avevano atteso ài traffici, le consuetudini dei negozi moderavano e correggevano l’inclinazione alla prodigalità, ma, dal giorno che la Repubblica non fu più commerciante, dovette essa stessa lasciarsi sedurre dalla pompa esteriore, che è l’emblema della ricchezza, di tutte le superiorità la più comunemente apprezzata. Tuttavia lo sfarzo, che era cagione di spendere eccessivo, doveva essere argomento di rampogna agli austeri, e le leggi suntuarie, iniziate fin dal 1299, incominciarono a essere inasprite, non però senza che avvenissero contrasti tra i vecchi lodatori del passato e i giovani ricercatori di nuove (I) Bonnaffé, Voyages et vjyageurs de a Renaissance Paris, Leroux, 1895, pag. 56.