Capitolo IV. LA CITTÀ NELL’ARTE DEL RINASCIMENTO ALESSANDRO LEOPARDI — UNO BRONZO PER GLI STENDARDI S. MARCO. DEI TRE PILI NELLA PIAZZA (1) Verso la fine del secolo XV, il mercante tedesco Antonio Kolb, fece fare questa Pianta in sei tavole, disposte a tre a tre orizzontalmente. Quasi nel centro della grande iconografia si legge Venetia M. D. Il lavoro durò tre anni, e la incisione intera era, a quel tempo, venduta a tre ducati. Non si conosce il nome dell’autore, che per lungo tempo fu creduto Alberto Durerò. Ma il grande pittore tedesco fu a Venezia dal 1493 al 1494; vi ritornò nel 1505 e non vi stette oltre la primavera del 1507 ; queste date non si conciliano con l’anno 1500 segnato nell’incisione. Fu fatto anche il nome di Andrea Mantegna, ma oggi la mirabile opera è universalmente attribuita a Jacopo de’ Barbari, nato a Venezia circa alla metà del secolo XV, e vissuto qualche tempo a Norimberga, dove era chiamato Waltch (straniero, italiano). Lo stile delle figure di Mercurio, di Nettuno, dei Venti risponde a quello del de’ Barbari, il quale era anche chiamato maestro del caduceo, perchè con la verga intrecciata di due serpenti erano contrassegnate le sue opere. Il Mercurio della incisione regge appunto il caduceo. I tipi originali in legno sono custoditi nel museo Correr. Della pianta esistono tre edizioni : quella cominciata ad incidersi nel 1497 e terminata nell’anno 1500 (M. D.) col Campanile di San Marco a tetto basso, con la cella campanaria a semplici colonne. Quella col campanile a pinnacolo, posteriore al 1514, anno in cui appunto la torre, dopo l’incendio del 1489 ebbe compimento : perciò in questa seconda edizione fu tolto l’anno M. D. L’ultima edizione infine è quella nella quale, per cause non conosciute, l’incisione ebbe il primitivo aspetto, ricollocando al loro posto la cella del campanile a tetto basso e il millesimo. Ai nostri giorni l’editore veneziano G. Zanetti ha pubblicato (1926) una riproduzione fotografica della Pianta nel formato originale per cura del dott. G. Ehrenfreund e con una prefazione di Ricciotti Bratti. (2) Un esemplare della pianta prospettica « Venetia di Giovanni andrea vavassore dicto vadagnino » è custodito nella sala dei manoscritti del seminario patriarcale di Venezia. È senza data, ma é certamente posteriore al 1517. Vedi: L’arte del Rinascimento foggia a Venezia una nuova anima. In sull'aprirsi del Cinquecento la città, veduta dall’alto nel suo aspetto esteriore appare, come oggidì, una selva di tetti, di camini, di campanili, un labirinto di campi, di strade, di ponti, diviso nel mezzo dalla linea tortuosa del canal grande, lungo metri 3747, largo in media 62. La rappresentazione della città, a questo tempo, ci vien data dalla Pianta di Venezia del 1500, creduta già di Alberto Durerò, ma ora più ragionevolmente attribuita a Jacopo de’ Barbari <’>, da un’altra pianta prospettica del primo ventennio del secolo di Giovanni Andrea Vavassori, detto Vadagnino (2), e da una terza del 1534, di