358 CAPITOLO X. che nel 1415 dipinse il Leone di San Marco, ora nel palazzo ducale, nel 1421 il quadro della Giustizia (1), e nel 1438 l’Incoronazione della Vergine imitata dal Paradiso del Guariento ; Michele Giambono, il quale trasse grande rinomanza dai mosaici della cappella dei Mascoli in San Marco (1450); la qual opera è sua, dove è misera e goffa, ed è invece di Jacopo Bellini e di Andrea Mantegna nelle parti più nobili, più libere, più franche (2). 11 rinnovamento artistico appare in Venezia più manifesto nella seconda metà del secolo decimoquinto. Dopo il Fabrianese e il Pisanello vennero alle lagune verso il 1440 un rappresentante della scuola di Colonia, Giovanni d’Alemagna, il noto Johannes Alemannus, e nel 1442 il pittore fiorentino Andrea del Castagno (1390?-1457), il novatore dalle forme plastiche e scultorie, che ornò di affreschi la cappella di San Tarasio in San Zaccaria <3>. Nel 1442, il Mantegna, a dodici anni, venuto a Venezia, vide certamente l’opera di Andrea, la quale deve aver avuto azione sul suo ingegno. Dopo due anni giungeva a Padova Donatello e vi dimorava quasi un decennio; e nella stessa città era nato e viveva Francesco Squarcione (1394-1474), mediocre pittore, ma iniziatore di una celeberrima scuola. Lo Squarcione ebbe anche a Venezia un buon seguace in frate Francesco da Negroponte, autore della Madonna in San Francesco della Vigna ; e a traverso il dalmata Giorgio Chiulinovich, per errore chiamato Gregorio Schiavone, scolaro dello Squarcione, sentì la tendenza del maestro padovano anche Carlo Crivelli, che appartiene a questa età, giacche l'opera sua a Venezia finisce nel 1468, nel quale anno abbandona la patria. Condannato nel 1457 a sei mesi di carcere e a dugento lire di multa, per aver rapito Tarsia, moglie di Francesco Cortese <4>, si deve forse ad altre sue inquiete avventure, se alcuni anni dopo egli cercò un più tranquillo soggiorno nelle Marche, che arricchì colle opere sue dal colorito lieto e festoso, ma nelle quali la crudezza arcaica della forma fa pensare ad un avanzo di bizantinismo. All’arte veneziana aggiunse nuova vita il muranese Antonio Vivarini(n. 1415?) <5>, che, nel 1440 circa, aperse nell’isola nativa una di quelle primitive botteghe di pittura, nelle quali, come scrive Cennino Cennini nel suo Trattato, si faceva ogni sorta di lavoro attinente all’arte, e si apprestavano per gli altari le ancone interamente compiute con le tavole dipinte e le cornici intagliate. Trasferitosi a Venezia, nella sua bottega (1) Vedi addietro pagg. 91, 140. (2) Fiocco, Michele Giambono, in « Venezia, Racc. di studi ecc. » cit., ed. dal Museo Correr. (3) Forlati, Un'opera sconosciuta di A. del Castagno a Venezia, in « Arte Cristiana», Venezia, 15 febbr. 1920; Fiocco, A. del Castagno in Ven., in Marzocco », 28 marzo 1920; Maurel, Les fresques d'A. Del Castagno à S. Zaccaria, in « Renaissance », Paris, a. 1920, n. 12, pagg. 501 e seg. ; Thode, Andrea Castagno in Venedig, in « Festschrift » di Otto Ben-dorf, 1898, pag. 307. Ad. Venturi (St. dell'arte cit., voi. VII, p. Ili, pag. 100) attribuiva il cartone del mosaico ad Andrea Mantegna. (4) Ludwig, Archivalische Beiträge zur Geschichte der venezianischen Malerei, in « Jahrbuch der K. Preussis. Kunst-samml. », Beiheft, 1903, pag. 4. (5) Un altro pittore, Antonio da Murano, che aveva la sua bottega nella contrada di San Cassiano a Venezia, fiorì sullo scorcio del secolo XV.