GLI ESERCIZI GUERRESCHI E LE FESTE CIVILI 203 si aggiunse al tributo antico anche quello di un toro, che, al dire di taluni cronisti, fu, insieme con i porci, simbolo di scherno del patriarca é dei canonici(I>. Con grandi allegrezze e molte baldorie, accendendo di pieno giorno fuochi artificiali, ogni anno, il giovedì grasso, sulla piazza di San Marco si tagliava la testa al toro e si uccidevano i porci, di cui si mandavano le carni ai prigionieri. In palazzo, nelle sale dei signori di notte e del piovego, si inalzavano alcuni castelletti di legno, che volevano simboleggiare le castella del Friuli, ed e-rano abbattuti con una mazza ferrea dal doge e da’ suoi consiglieri. Queste feste, di cui sarebbe troppo lungo l’elenco, erano veramente la manifestazione lieta di quel tempo, quando le ricchezze acquistate col commercio abbellivano le contrade, i templi, le case ; e l’abbondanza, la sicurezza, la libertà rendevano felici i cittadini. Il rapido crescere delle fortune faceva sempre più ricercare quella pompa, degna di gente ricca e vogliosa di ogni sorta di svago. Fino dal secolo decimo, nei giorni innanzi alla quaresima, l’ultimo dei quali fu nel 1296 dichiarato festivo dal senato <2>, il popolo si dava a romorosi sollazzi. Cotali bagordi, insieme forse con le tradizioni dei baccanali e dei lupercali, lasciate in retaggio dai costumi romani, diedero origine al carnevale, di cui troviamo JACOPO DE’ BARBARI (?) — ARALDO DA TORNEO. C6nnO nel 1094 in linci Ccìrtcì del Dipinto a fresco sul monumento Onigo nella chiesa di San Niccolò in doge Vitale Faliero(3>. L’uso della rieviso. maschera data, secondo alcuni, dalla conquista del Levante, e ne troviamo una prima menzione in una legge del 126S, che proibisce ai mascherati di giocare alle ova. Un’altra legge del 1339, che vieta di andare travestiti per modum inhonestum, è seguita da molte altre proibizioni, come di recarsi mascherati nelle chiese e nei monasteri di donne, di andar depenti, nè curii barba nè cavelli posticci, nei giorni proibiti dalla legge, minacciando pene severissime ai trasgressori*4). Ma nei tempi, in cui i travestimenti erano permessi, il desiderio di nascondere il viso sotto la (1) Sanudo, Vite dei Dogi, ed. Monticolo, pag. 257, n. 1. (2) Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare ecc., Venetia, 1603, lib. X, pag. 412 segg. (3) In questa carta, riferita dal Dandolo nella sua Cronaca, è scritto : « Dare nobis.... debeatis pullos tres et denarios « per annum, unum scilicet ad Nativitatem Dominicani cum denario suo, alterum ad carnis laxationem cum denario « suo, tertium vero in Pascila cum denario suo ». Carnevale volle probabilmente indicare in origine la notte innanzi quaresima, prima di dover lasciare la carne (carnem-laxare), da cui carnesciale. Altri invece credono derivi da carne e scialare. Muratori, Ant. Jt., diss. LXII. (4) Mutinelli, Lessico Veneto, alla voce maschere; Urbani de Gheltof, Le maschere in Venezia, Venezia, 1877.