GLI OTTIMATI, I CITTADINI E IL POPOLO öl desiderosa di avere con l'impero d’Oriente relazioni d’interesse e d'aiuto. Ma nel graduale svolgimento di sì aspre contese assai facilmente al sentimento politico si sovrapponevano ambizioni personali, imperocché gli stessi Orseolo si strinsero più tardi alla Germania, cercando mutare il dogado in un principato assoluto. Tutti i tentativi, tutti gli sforzi si riducevano a questo. Gli Orseolo, che stringono parentele coi re slavi e i re d Ungheria, che cercano ai loro figliuoli le spose nella corte di Bisanzio, rivelano l'intendimento di rendere ereditario il potere nelle loro famiglie e di sostituire la potenza del nome e dell’oro all’eguaglianza democratica. Il principio ereditario si mostra chiaro altresì nel pensiero di molti dogi, che si associarono al trono i loro figli e sollevarono parenti ed amici ai primi uffici ecclesiastici e civili. Fra tali voglie illegittime e le violenti ripulse che ne seguivano, fra le gare di supremazia dei diversi elementi, concorsi a formare lo Stato, i primi tempi della storia veneziana furono così aspri di corrucci e di violenze, da far dire al Machiavelli che Venezia, forse più d’ogni altro comune italiano dell’età di mezzo, provò il furore delie fazioni. Ma vera gloria è per Venezia aver saputo, prima e più stabilmente degli altri stati, assicurarsi la pace civile e l'indipendenza politica, superando la crisi economico-sociale che rinnovò e ordinò la vita dei comuni italiani. Nella elezione dei primi dogi la sovranità bizantina esercitava la sua azione colla presenza di un rappresentante imperiale nella pubblica concione. Ma quando, verso la metà - ■ del secolo nono, i segni dell’alta sovranità bizantina vennero meno, la concione, composta del patriarca, dei vescovi, degli a-bati dei monasteri, dei proceres, optimates o nobiles, e del populus, diventò il solo organo deliberante e sovrano (I>, e l’elezione dogale avvenne per acclamazione dell’assemblea, che si raccoglieva talvolta in San Marco, tal altra a San Niccolò del Lido. Il popolo, che interveniva nella concione, manifestava il suo volere con tumulti e violenze o a favore del suo candidato o contro l’avversario, laddove i maggiorenti aiutavano, con doni, con sollecitazioni, con intrighi, le candidature dei loro congiunti o dei loro amici Non esisteva però, nell’ordine procedurale, una specie di elezione preliminare, fatta dai maiores o proceres, come alcuni credettero, ritenendo forse che le espressioni dei documenti e dei cronisti, laudatus est, laudacione populi e simili, significassero soltanto il diritto di approvare e non di deliberare concesso al popolo, cui sarebbe stata così riservata una parte illusoria di sovranità <3). Se il popolo non avesse avuto una reale e non illusoria partecipazione alla sovranità, sarebbe stato inutile restringere successivamente e gradatamente i diritti popolari sino ad abolirli del tutto. Con analogo svolgimento anche la grande autorità del doge dei primi tempi andò a poco a poco scemando. Era in principio il supremo magistrato politico e giudiziario, eletto a vita dal UN CONSIGLIERE DEL DOOE. (Dal Capitolare dei Consiglieri » che segue la « Promissione » del doge Andrea Dandolo. Cod. inembr. del sec. XIV, c. 62 r., ant. num. 66 r. - Arch. di Stato, sala dipi.;. (1) Fiastri, L’assemblea del popolo a Venezia come organo costituzionale dello Stato, in « N. Arch. Ven. », N. S., a. 1913, t. XXV, pag. 12 segg. (2/ Ibid., pag. 15 segg. (3) Hain, Der Doge von Venedig (1032-1172), Königsberg, 1S83, pag. 15 segg.