262 CAPITOLO Vili. indelicati, si facevano su merci, il cui valore era oscillante, avvenivano spesso rovine pecuniarie, non impedite dalle malleverie imposte ai banchi privati dalla Repubblica. Nel 1356, sotto la pressione di difficoltà monetarie, l’opinione pubblica pensò fosse buon espediente istituire una banca pubblica, che dovesse diventare strumento di un vero e proprio monopolio statale nell’esercizio bancario (1>. Il consiglio nè allora nè qualche anno più tardi, riproposto con decisi intendimenti di monopolio, fu seguito dal Governo, il quale, pur imponendo nuove cautele e nuovi divieti, come quello di non cumulare col traffico di banco quello delle merci, mantenne fermo il principio della libertà e della pluralità delle banche. Nonostante i danni e gl’inconvenienti, il regime di piena libertà bancaria, adottato per ben tre secoli dalla Repubblica, valse non poco a perfezionare la teoria del credito. La forma più comune di codesta teoria, la cambiale, la cui invenzione, secondo i più recenti studi, non si può ascrivere ad un determinato popolo o ad un certo gruppo di persone (2\ era, fin dai chiudersi del secolo XIII, di uso estesissimo in Venezia, dove le lettere di cambio si adoperavano dallo stato medesimo per fornire il denaro ai suoi rappresentanti lontani. Antico anche il protesto cambiario; ed uno dei primi di tali atti a noi noti è del 1359, nel quale anno ad Avignone si fa un protesto col mezzo del notaio, perchè non era stata pagata una cambiale di duemila fiorini d’oro, tratta il 1° marzo 1359 da Paolo Pa-ruta e compagni di Venezia sopra Giovanni Spiafame e compagni da Lucca, banchieri in Avignone, a otto giorni a vista, in favore di Bartolomeo Pontiroli, procuratore della Signoria veneta presso la corte pontificia, e con avallo di Davino Jacobi <3>. Ma più largamente si diffuse e penetrò nella vita economica veneziana nel secolo XV, recando danni gravissimi, l’uso della partita di banco, guardata con diffidenza al suo (1) Nel 1356 Giovanni Dolfin aveva proposto l’istituzione di un banco per comune, il quale avrebbe dovuto esercitare un’opportuna azione moderatrice nelle operazioni di credito, senza toccare il regime esistente delle banche private (Senato, Misti, reg. 27, c. 102 e seg.), ma la proposta non fu approvata ; nè allora, nè alcuni anni più tardi il problema bancario, oggetto di tante discussioni, trovò fra le difficoltà della crisi un’equa soluzione (R. Cessi, Il problema cit., pag. 789 e seg.). Nel 1361 la proposta fu rinnovata senza miglior fortuna (Lattes, La libertà cit., pag. 32, doc. VI), e soltanto nel 1374 la questione fu discussa a fondo e con ampiezza, senza però giungere a risoluzioni adeguate. Fu eletta una commissione speciale per preparare gli opportuni provvedimenti, che, in armonia con le diverse tendenze, furono concretati in due disegni, l’uno propugnato da Michele Morosini per l’istituzione di un banco di stato per le operazioni di credito, che restavano perciò vietate al banco privato, ricondotto al suo compito originario di cambio ; l’altro, difeso da Zaccaria Contarmi, secondo il quale si reputava bensì pericolosa l’assoluta libertà, permettendo che si formasse un banco nimium potens, ma altrettanto pernicioso privare in totum quoci non sit aliqua bancha a scripta in Veneciis (Senato, Misti, reg. 34, c. 141 e seg. — 18 ottobre 1374). Non se ne fece nulla; solo si imposero restrizioni al commercio dei banchi privali, le quali non impedirono nuovi dissesti finanziari. R. Cessi, Il problema cit., pag. 793 segg. (2) Vedi Goldschmidt, Storia universale del diritto commerciale, Torino, 1913, pag. 313 segg. (3) Predelli, Un protesto cambiario del sec. XIV, in « Archivio Veneto », a. 1877, t. XIV, pag. 375. Ci sembra curioso riferire la forma della lettera di cambio: A lo nome de Dio amen, fata dì sete de marzo MCCCLVIIII Giovani e compagni, « Paulo e Partita e compagni. Salute de Venegia. Pagerete per questa prima e per la segonda letera, una fiata, a dì VIII, * vista la letera a ser Amadio notaro de la corte mazore de Venegia, over a messer Napoleone de Puntiroli, o al qual di « loro presentasse questa lettera, fiorini duo milia d’oro al peso de la sentenzia, li qual sono per cambio di ducati duo milia, « che havemo recevuto qui da li camerlengi del comune de Venegia, zoè la meta avemo abuto contati e l’altra meta devemo « avere adi primo de aprile prosimo. Faretene bono pagamento e ponetelli a nostro conto ; lo pagamento voi essere fiorini » de Firenze. Io Davino Jacobi sono contento de essere tenuto del sovradito cambio ».