26 INTRODUZIONE pericolo che tutta Italia cadesse sotto Liutprando; il doge Orso mosse all’espugnazione di Ravenna e la restituì all'esarca. Con questa sua vittoria marittima, la prima ricordata dalla storia, Venezia, dopo essersi ribellata a Bisanzio, ne diviene la salvatrice, e il doge ottiene dall’imperatore, insieme col titolo onorifico d’ipato, una maggiore libertà d’azione. Le antiche relazioni politiche tra l’impero e Venezia si ristabiliscono; ma la ribellione aveva fatto il popolo consapevole della sua forza, e l’autorità dell assemblea nazionale era tanto cresciuta da ravvivare nell’animo di molti il desiderio di francarsi anche dagli ultimi legami della tutela politica. Da ciò le diverse parti traevano occasioni a nuove sommosse sanguinose; e forse l’uccisione del doge Orso, amico dei Bizantini, avvenuta nel 737, e la fuga del figliuolo di lui Deodato furono opera dei fautori dei Langobardi. A questi tumulti seguì un mutamento di governo, che fu riaffidato al magister militimi, eletto annualmente, forse senza l’approvazione impe-riale(l). Furono cinque i maestri dei militi, l’uno dopo 1 "altro residenti a Cittanova; Leone, Felice detto Cornicola, Deodato, figlio dell’ ucciso doge Orso, Gioviano ch’ebbe il titolo d'¿pato e Giovanni Fabriciaco. Non cessarono le discordie e le stragi, che condussero a cambiar di nuovo la forma di governo; il Fabriciaco fu preso e abbacinato(2>, fu abolito il maestro dei militi e si ritornò ai dogi. Fu doge un amico dei Greci, Deodato, figlio di Orso, che aveva il titolo Pipato ; ma, forse per un tacito accordo fra le due parti, l’onore della sede ducale passò a Malamocco, dove erano in gran numero i malcontenti della tutela bizantina. Fu tregua non pace; risorsero in breve contrasti e violenze. Galla Gaulo nel 755 usurpa il soglio dogale a Deodato, che è deposto e abbacinato: in termine di un anno anche Galla è bandito e accecato, e ugual sorte tocca, nel 764, al suo successore Domenico Monegario. Gli succede Maurizio Gaibaio, civem He radiane civitatis{ì). Questa città, benché spodestata della sede del governo, conservava sempre la sua potenza, onde più fiera le si accaniva contro Malamocco, a cui, dopo molti anni, nell’806 circa, riuscì di distruggerla — a Veneticis devastata et igne combusta<4>. Maurizio, divenuto doge nel 764, si associò nel governo il figlio Giovanni, primo segno di quell’ intendimento per rendere ereditario il potere, che si farà apertamente manifesto nei dogi che verranno. Durante il dogato del padre e figlio Gaibaio, quasi tutta l’Italia passò dal dominio dei Langobardi a quello dei Franchi (774), e la sovranità dell'impero d'Oriente si restrinse ad alcune parti dell’Italia centrale, meridionale e insulare, all’Istria e alla Dalmazia. Sulle isole venete il dominio bizantino non viveva ormai più che nelle forme, nelle cerimonie, nei titoli. Viveva ancora nell animo di quelli che rimanevano custodi della tradizione imperiale, ma nello stesso tempo anche i Franchi vicini cominciarono ad avere fautori ferventi. Il doge Giovanni Gaibaio, succeduto al padre nel 787, rappresentava la parte fida a Bisanzio: il triestino Giovanni, patriarca di Grado, quella favorevole ai Franchi. Fra i due sorse presto fiero dissidio: il doge spedì a Grado il proprio figlio Maurizio contro il prelato riottoso, che fu preso e precipitato da una torre del suo palazzo. 11 nipote e successore dell ucciso, il patriarca Fortunato, covando vendetta, eccitando i Franchi contro Venezia, mosse a sedizione il popolo contro il doge Gaibaio, il quale fu cacciato in bando e sostituito da Obelerio (804). Obelerio, che alcuni cronisti dicono avesse in moglie una donna di nobile lignaggio franco, cercò, appena eletto, la protezione di Carlomagno, e si recò con suo fratello, collega nel dogato, alla corte imperiale di Die- (1) Diehl, op. cit., pagg. 364, 365. (2) Giovanni Due., Chr. cit., paj. 96. (3) Ibid., pag. 98. (4) Ibid., pag. 103.