352 CAPITOLO X. Concordi con quest’arte sono alcune opere di miniatura veneziana, custodite nel museo Correr: due mariegole delle confraternite di San Martino (1335) e di Santa Caterina (1337), e un M issale chorale, che nella grande iniziale raffigura Cristo risorto, nel margine inferiore un doge (forse Marino Zorzi, 1311) con San Domenico e un monaco <*>. Ma l’arte serena e paziente deH’alluminare, nata all’ombra dei chiostri, non prosperò fra un popolo operoso quale il veneziano, e abbiamo già veduto le miniature veneziane, meglio che sorridere tra le laudi religiose, abbellire le raccolte delle leggi e gli statuti delle arti. Nelle promissioni ducali, nei capitolari dei consiglieri ducali, dei procuratori di San Marco e nelle mariegole delle confraternite di devozione e delle arti <2>, le figure del doge e dei magistrati ci appaiono tra le iniziali disegnate a leggiadri e variati intrecci d’ornamenti, di perle, di fiori, di farfalle, d’uccelli, le caratteristiche della scuola bolognese. Infatti a Venezia trovarono ospitalità parecchi artisti di Bologna <3>, la città dove la miniatura maggiormente fioriva con Franco, che si vuol scolaro di Oderisi da Gubbio, e con Niccolò di Giacomo (4K Come saggi di miniatura veneziana devono ritenersi anche i disegni a colori di alcuni libri di viaggi, le carte geografiche e i portolani dei secoli XIV e XV; e non vanno neppur dimenticate quelle rozze immagini di santi, dipinte da certi umili pittori, detti minia-santi, su foglietti di pergamena, che si dispensavano ai divoti nelle chiese e nelle scuole di devozione. L’architettura era giunta a tale che Venezia può trarne argomento a giusta superbia, e la scultura era ravvivata dall’arte gotica, quando maestro Paolo (fior. 1333-1362) s’ingegnava appena di scuotere la soggezione bizantina e di cercare qualche novità nell’espressione e nella tecnica. La sua ancona nel museo di Vicenza, rappresentante la Morte della Madonna, è il più antico quadro veneziano, colla data (1333) e colla iirma dell’autore. Di maestro Paolo, chiamato a dipingere nel 1346 nella chiesetta del palazzo ducale un’ancona, che andò smarrita <5>, si con- (1) Foucard, Della piti, sui manoscr. di Ven., in « Atti dell’Acc. di B. A. », Venezia, 1857; Waagen, Kunstwerke and Kunstler in England and Paris, Berlin, 1837-39; Bratti, Miniature veneziane, in « Emporium », a. 1907, marzo, pag. 187 segg. (2) Vedi addietro il cap. V. — Cheney, Remarks oti thè illuminai ed officiai manuscripts of thè venetian Repu-blic, London, 1868, pag. 3. I vecchi documenti ricordano fra i miniatori veneziani Simon aminiator (1332), Franciscus aminiator presbiter (1340), Raimondo di Santa Maria Nuova, Andrea Amadio, Giacometto veneziano, Ventura da Venezia e altri. Cecchetti, Nomi di pitt. ecc., loc. cit., pag. 45. (3) Anche parecchi artisti veneziani andarono a stabilirsi in Bologna. Eccone qualche esempio, tratto dall’Archivio di Stato di Bologna : 1343, 9 marzo. Rigo q. Manfredo di Venezia, pittore, accusato di aver percosso un Domenico da Modena, servo di Einoldo tedesco stipendiano sotto le insegne di Giovanni della Torre. {Atti Giudiziali, a. 1343, n. 7S6, pag. 94). — 1382. La società dei notai, volendo adornare di nuove pitture e restaurare le vecchie della propria chiesa, delibera che se a Bologna non si trovasse un artista capace, si mandi a Venezia « ubi dicitur et creditur esse magna ars « de talibus tabulis et figuris ». (Società dei Notai, Provvisioni, voi. 1376 al 1396, segn. c. 11). — 1389, 3 nov. Mandato di pagamento a favore di Zannino da Venezia per aver dipinte le armi del re di Francia nella sala d’udienza del palazzo pubblico. (Provvisioni, serie III, Mandati, voi. del 1389, n. 42, alla data). (4) Malaguzzi-Valeri, La miniai, in Bologna dal XIII al XVIII sec., in « Arch. Stor. It. », 1896, t. XVIII, pag. 242. (5) Arch. di Stato, Procuratia de supra. Quaderno spese Palazzo, Processo 180, B. 77, 136. « Die 20 mensis Julii de-« dimus ducatos 10 auri magistro Paolo pentore Sancti Lucae prò penturam unius Anchonae factae in Ecclesia Sancti Ni-« colai de Palatio ». IL DOGE MARINO ZORZI. Da un codice del sec. XIV. (Museo Correr, mss. V, n. 131).