92 CAPITOLO III. essi più che raltro costituivano un espediente economico. Gli schiavi sostituivano i servi per diminuire il carico e la spesa di locazione di domestici liberi. Per ciò nei possessori non erano lievi le cure che si avevano per cotesta merce umana, giacché ciascuno degli schiavi rappresentava un capitale che, per esser utile e fruttifero, doveva anzitutto esser garantito dal ben conservare la persona di cui era investito. E primieramente si doveva tutelare l’onore della femmina, sia perchè da esso dipendeva il valore venale di lei, sia perchè in Venezia rimase sempre vigile lo spirito della umana solidarietà: la consuetudine concedeva al padrone di esercitare contro chi avesse usato violenza a una schiava, la medesima azione di tutela attribuitagli per l’onore dei propri famigliari ; nè la tutela della legge mancava agli schiavi anche per offese di lieve momento (I>. Tali circostanze, in cui lo spontaneo esercizio della carità cristiana cercava conciliare contraddittori elementi di vita, non potevano evitare contrasti fra taluni atteggiamenti e cert’altre condizioni di fatto. In quanto era danaro posto a frutto, lo schiavo doveva essere riguardato sotto l’aspetto della continua e diretta utilità, ed egli era utile infatti finché era giovane ; invecchiando invece fruttava sempre meno, veniva diventando un peso ed allora l’affrancazione riesciva più facile e sollecita. Ma ancora è necessario tener presente una somma di diverse considerazioni per spiegarci al giusto punto il contegno dei vecchi veneziani a tal proposito. È umano che l’interesse materiale fosse ognora prevalente, ma su di esso potevano e la lunga consuetudine che allentava o distruggeva l’iniquità d’ una relazione giuridica, contraria affatto al o spirito dei tempi, e il legame affettuoso che tra lo schiavo, non condannato ad obbedire ciecamente e supinamente al padrone, ed il padrone si veniva stabilendo, premio allo schiavo di uno zelo assiduo che riusciva a cattivarsi il benefizio della fiducia e ad attirare su di sè un più vivo senso di pietà ed una giusta estimazione del suo valore personale. Inoltre nel contatto fra i servi liberi e i servi schiavi, conviventi sotto il medesimo tetto, nascevano comunioni di sentimenti che facevano ai vari componenti la famiglia padronale preferire i servizi della schiava fedele e devota a quelli della fantesca loquace, pettegola, talvolta maligna. Dall’affetto e dal particolare gradimento al prezioso dono della libertà personale il passo era breve. Sempre più frequenti andavano facendosi le francationes causa mortis, che liberavano il servo col testamento (pagina testamenti), o per atti fra vivi mediante cartulae libertatis, nelle quali perduravano, benché spesso prive di senso ne’ tempi nuovi, le antiche formule pregiustinianee, conservatesi nei formulari notarili. Vi si diceva, per esempio, che il servo inter liberos vadat cum omnibus heredibus libere quocutnque ei placuerit a modo in antea civisque efficiatur Romanus, ita quod nullus eurn amplius audeat servitutis vinculo subiugare (2). 1 manomessi formavano una classe superiore a quella degli schiavi, inferiore a quella dei liberi. I servi stranieri erano però in condizione peggiore di quella degli indigeni : essi erano i veri schiavi. Gli schiavi, comprati dai privati slavi e saraceni (3>, erano per la maggior parte tartari, russi, saraceni, mongo- (1) Diamo un curioso esempio. Nel maggio 1375, un Antonio Avona, [e un Jacobello pellicciaio si presero lo spasso di punzecchiare di nascosto con un lungo ago le schiave, che si recavano a vespro nella basilica di San Marco. Il primo fu condannato a tre mesi nei Pozzi, Jacobello a due. Cecchetti, La donna nel medioevo a Venezia, in « Arch. Ven. », a. 1886, t. XXXI, pag. 49. (2) E. Best a, // dir. e le leggi civ., pag. 55. (3) Caroldo, Cron. veneta, ms. nella Marciana, cl. VII, it. 127; Gfròrer, St. di Ven. dalla sua fond. fino all1 a. 1084, trad. Pinton, Venezia, 1878, cap. Vili; Tafel e Thomas, Urkunden cit., voi. I, pagg. 17, 25. Alla metà del secolo Vili, alcuni mercanti veneti bandivano un mercato a Roma, e comperavano un gran numero di schiavi per spedirli ai Saraceni in Affrica. Papa Zaccaria, non volendo che cristiani fossero dati in servitù ai pagani, raccolse una forte somma di denaro e liberò quella gente. {Le « Liber pontificalis », ediz. Duchesne cit., I, 433). NeH’850 i Veronesi donarono a Venezia una