204 CAPITOLO VI. CARPACCIO — GUERRIERO. Particolare del quadro « San Giorgio che uccide il drago ». (Venezia, oratorio degli Schiavoni). larva (volto) si fece così universale, che i fabbricatori di maschere prosperarono per modo tale, da poter formare un ramo speciale dell’arte dei pittori. Le feste giovarono molte volte alla quiete interna, come quando, escluso il popolo dal Governo, il doge Pietro Gradenigo, per calmare gli spiriti agitati, invitava a lauti banchetti la gente di mare, e familiarmente si mescolava tra la plebe11 fasto della vita e la familiarità dei grandi ottennero sempre molto favore presso le moltitudini. Così il clamore, da cui era accompagnata la elezione del doge, copriva le mormorazioni dei malcontenti. Dopo tre secoli, le modeste cerimonie descritte dal Tino per l’elezione del Selvo, si mutarono negli splendidi festeggiamenti per l’elezione del capo dello stato, dei quali è esempio nella narrazione del cremonese Andrea Marini^. Con molta probabilità il Marini fu presente alla elezione di Michele Steno (1400), e nelle sue pagine egli esprime la sua ammirazione per la principesca magnificenza delle cerimonie e per il clamoroso festeggiar cittadino. Sull’alba del nuovo secolo, l'avvento al trono dogale dello Steno, quegli che, secondo la tradizione, nel bollore imprudente della giovinezza avea destato il fiero rancore di Marino Falier, segna una data importante nella vita civile e domestica di Venezia, adornata dalla ricchezza e dall’arte. Così di contro alle feste pubbliche, con impronta popolana, delle confraternite artigiane, altri spassi furono ordinati da compagnie di giovani nobili, le quali anda- (1) Daru, St. della Rep. di Yen., trad., Capolago, 1832, t. II, pag. 133. (2) Marini, De pompa ducatus Venetorum, pubbl. in opuscolo nuziale dal dott. A. Segarizzi, Venezia, 1903. Il Marini fu prima segretario di Giangaleazzo Visconti, poi, verso la fine del secolo XIV, ai servigi di Venezia.