464 CAPITOLO XIII. gravità, come quando si rammarica che ogni madre non sia la nutrice de’ suoi figliuoli, saggiamente ammonendo che la virtù e il vizio si assorbono col latte : Insanire putem puero qui barbara praebet Ubera lactenti : mores et dissona discunt Quae risu excipiunt nocitura vocabula patres. Post ubi luxuries inflavit barbara venas, Difficile est vitio discedere, quod semel infans Sorbuit a teneris, ut vas rude, protinus annis. Quidam scrutantes naturae munia, credunt Deberi hoc pueris materno munere caris. Senza bisogno di precetti teorici, di trattati e di poemi, molte famiglie conducevano una vita onesta e saggia, rispettosa dei precetti religiosi, obbediente alle forme richieste dalla Chiesa nei sacramenti del battesimo, della cresima, della comunione. Anticamente il battesimo, come in tutto l’Occidente, si faceva per immersione (1>, e alcune volte non si amministrava se non dopo qualche tempo, e anche dopo parecchi anni. Si conservano ancora antiche fonti battesimali, che sorgevano nel mezzo del battistero, quasi sempre unito alla chiesa, come in San Marco. Nei paesi della terraferma vicina si trovano battisteri distinti e separati dalla chiesa, quale è quello di Concordia. La cresima si conferiva talvolta insieme col battesimo, tal altra dopo, ma a fanciulli anche di tenerissima età, come il figlio del doge Pietro Orseolo II, che nel 9% fu tenuto a cresima all’età di un anno dall'imperatore Ottone III <2>. La comunione si dava sotto le due specie fino a circa il secolo decimo, nel qual tempo si consacrò soltanto il pane. L’estrema unzione era data dai ministri della Chiesa all’agonizzante, mentre si sonava la campana per congregare i fedeli, e nella strada si recitavano il miserere ed altri salmi (3>. L’estinto veniva chiuso nella bara fra il pianto degli astanti, mentre i parenti, come ancora usa in Oriente, si strappavano i capelli con altissime strida. Il rito funebre richiamava intorno alla casa del morto i parenti, gli amici e il corteo degli uomini di chiesa e delle pie congregazioni, perchè la salma fosse accompagnata con tutti gli onori della religione. Di ciò abbiamo esempi nelle fastose esequie fatte al doge defunto, specialmente dal secolo XIV in poi. Nel 1361, quando mori Giovanni Dolfin, il cadavere del principe, con gli speroni d’oro, lo stocco e lo scudo, fu per la prima volta esposto nella sala dei signori di notte, e la principessa, seguita da un gran stuolo di gentildonne, andò in chiesa di San Marco e vi stette un’ora a pregare (4). Le passioni della vita si riflettono anche nell’atto in cui l’uomo s’apparecchia alla morte. Se il testamento era fatto per mezzo del notaro, questi raccomandava al testatore lasciti per opere caritatevoli. Accanto al fervore religioso che faceva lasciare ingenti donazioni, interi patrimoni alle chiese e ai conventi, appare l’amore del luogo natio nei legati a pubblico beneficio, per abbellimenti edilizi, per la costruzione di strade, di ponti, di cisterne. Molti testamenti cominciano colla raccomandazione di tener parecchie ore il corpo sopra terra dapuo expirado. La legge voleva che nella morte, la grande uguagliatrice, non vi fossero distinzioni, e che tutti fossero sepolti in habitu silicei (1) Nella chiesa di San Giacomo dall’Orio è una vasca di marmo, ad uso di pila dell’acqua benedetta, che mostra aver servito di fonte battesimale, quando era in vigore l’antico rito deirimmersione. Bellissima è la vasca battesimale nella basilica dei Ss. Maria e Donato in Murano. Quest’urna, scavata in una base quadrilatera di granito greco, serviva prima ad uso di sepolcro romano e fu con tutta probabilità recata da Aitino nel secolo VII. Si lasciò intatta l’iscrizione sepolcrale, riprodotta anche dal Mommsen. (2) Giov. Diac., Chron. cit., pag. 152. (3) Galucciolli, II, 325. (4) Fr. Sansovino, Venetia città nobilissima cit., 1. XI, pag. 489.