212 CAPITOLO VII. Ravenna ¡e Cervia, di cui in breve Venezia assorbiva la più ricca sorgente di traflico, il sale (1>, allargava quella espansione marittima, donde ha principio il suo commercio con POriente, tanto proficuo, ma anche tanto contrastato. Gli Amalfitani avevano per lungo tempo esercitato una fortunata supremazia nel bacino meridionale dell’Adriatico, sfruttando i fiorenti traffici bizantini (2>; ma 1' invasione saracena, nel tempo stesso che diminuiva la potenza amalfitana, s’opponeva all’incipiente progredire de’ Veneziani, che per difendere i loro commerci furono costretti a una più intensa attività sulla costa meridionale della penisola. La necessità di mantenere libere le vie pel Mediterraneo e POriente, dove ancora il desiderio di arricchire non aveva eccitato gelosie e invidie astiose, era per Venezia un acuto stimolo per lottare contro ,gli arditi dominatori dell’Italia meridionale. Ma fino a che una forte signoria, quella normanna, non sopraggiunse a sconvolgere l’equilibrio mercantile del bacino mediterraneo, l’opera di saggia e alacre penetrazione potè svolgersi pacificamente. Amalfitani e Veneziani potevano cooperare senza urto nei traffici coi Bizantini di Costantinopoli, coi Musulmani di Siria, coi Saraceni di Sicilia e d’Affrica, compartendo equamente la loro operosità nelle rispettive zone d’azione del mondo latino occidentale, gli uni dall’|ltalia meridionale alla Trancia ¡marittima, alla Spagna, gli altri dall’Italia settentrionale jalla Francia continentale, alla Germania. Il vescovo di Cremona, Liutprando, nella [seconda metà del secolo decimo, ammirava nel porto di Costantinopoli navi veneziane cariche di seterie, rigorosame ite visitate dagli agenti di quella dogana, per impedire il contrabbando, largamente esercitato dai Veneziani e dagli Amalfitani, i quali, a dispetto d’ogni vigilanza, riversavano in copia sui mercati occidentali i preziosi drappi, di- cui era vietata con tanto] zelo l’esportazione dall’Oriente(3>. Allora gli Amalfitani erano ancora più potenti dei Veneziani <4>; ma finché questi rafforzavano ed estendevano il loro dominio nell’Adriatico, insinuandosi nelle coste pugliesi e siciliane e introducendosi nei territori della Slavia, la fortuna amalfitana, avversata dalle opposte signorie beneventane e salernitane, declinava. Per colmo di sua rovina, vennero sulla fine del secolo undicesimo i Normanni, audaci e baldanzosi instauratori di una nuova signoria, capaci di sognare la conquista dell’Adriatico e quella dell'Oriente. Quando il vecchio e debole impero bizantino, minacciato dai Normanni, già fatti signori dell’estrema parte d’Italia, ricorse per aiuto al giovine popolo delle lagune, i Veneziani compresero subito che se la Grecia fosse ca- (1) Pasolini, Delle antiche relazioni tra Venezia e Ravenna, Firenze, 1874, pag. 44 segg. (2) Schaube, Handelsgeschichte der ròmanischen Vòlker der Mittelmeergebiets bis zum Etide d. Krenzziige, Munchen-Berlin, 1906, pag. 26 segg. (3) Liudprandi Relatio de legutione constantinopolitana, in « Mon. Gerrn. Hist. », Script., t. Ili, 357, 359. (4) Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medioevo, in « Bibl. dell’Economista », serie 5n, voi. X, pag. 115 segg.