102 CAPITOLO III. può servire di guida. Infatti, percorrendo gli atti processuali della quarantia, troviamo giudicati i reati di sangue che, o nella persona dell’autore o in quella della parte lesa, siano comunque d’ofiesa allo Stato (ferimenti od omicidi per opera di pubblici ufficiali o nella persona di questi), e che producano, oltre che violenza ad una privata persona, turbamento nell’ordine familiare: reati di violenza carnale (stupro, fornicazione ecc.); furti sacrileghi e violenze contro i beni statali; reati di peculato e di appropriazione indebita di pubblici ufficiali tanto in danno della comunità quanto di privati cittadini ; falsificazione di moneta e di metalli preziosi ; attentati contro la sicurezza della Repubblica; offese o diffamazioni pubbliche o private; insomma tutti quei reati soggetti a sanzione penale, che potevano direttamente o indirettamente comprendersi nella formula contra Deutn et civitatis et populi Veneciarutn honorem et utilitatem, spesso invocata solennemente dai giudici della quarantia per coonestare la validità del proprio foro. Ciò è anche in armonia con lo spirito della sua istituzione e con l’assunto che la quarantia è chiamata a compiere nell’orbita della costituzione, quale consiglio politico, tutore dell’ordine pubblico e della retta amministrazione, donde la capacità di far le veci di tribunale d’appello civile e criminale, con atti non esclusivamente giudiziari, alle quali attribuzioni verrà restringendosi soltanto più tardi, e non interamente, nello svolgersi degli istituti polìtici della Repubblica. E come la curia del proprio esercita l’ufficio istruttorio per mezzo dei signori di notte (1), così la quarantia ha il suo negli avogadori di comun ai quali, de ducali mandato, è deferito il compito di istruire Yinquisitio sul fatto denunciato, raccogliendo tutti gli (1) Arch. di Stato, Signori di notte, Processi, II, c. 36 t., 12 marzo 1350. (2) Vedi qui di contro l’esempio di una pagina degli Atti deH’Avogaria di Comun, di cui diamo la trascrizione : « MCCCXXVIII, indictione XII, tempore dominorum Nicolai Mudacio, Johannis Fuscareno et Marci Dedho, advoca-« torum comunis. « Die VIII mensis Februarii, in Consilio de decem. — Nobilis vir Johannes Storiato, quoniam fuit placitatus in Con-« silio de Decem per dominos advocatores cumunis, per ea que dieta et lecta fuerunt ibidem, capta fuit pars quod pro-« cedatur contra ipsum. Et postea, positis diversis partibus in eodem Consilio de decem, super dicto facto, finaliter capta « fuit pars in ipso Consilio quod dictus Johannes Storiato condemnetur in libris ducentis. « solvit (in margine) « Die XV Februarii, in dicto Consilio de decem. — Brunus tinctor Sanctorum Apostolorum, quoniam placitatus fuit « in dicto Consilio de decem per dominos advocatores comunis, per ea que dieta et lècta sunt contra dictum Brunum « tinctorem ibidem, capta fuit pars in ipso Consilio quod procedatur contra ipsum. Et ibidem positis diversis partibus, « finaliter capta fuit pars in dicto Consilio de decem quod dictus Brunus banniatur perpetuo de Veneciis et omnibus terris « et locis subiectis comuni Veneciarum, et quod si permitteret se reperiri aliquo tempore, stare debeat per unum annum « in carcere forti, et nichilominus rebanniatur a capite et hoc observetur tociens quociens repertus fuerit. Et hec cridentur « in scalis ipso presente. « 4- (in margine) « Die XV Februarii, in Consilio de XL. — Victor Pocopaia Sancti Moysi, olim operarius ad monetam, quoniam fuit « placitatus in Consilio de XL per dominos advocatores comunis, super eo quod inculpatus fuerat ipse Victor falsificasse « cesalias ad monetam, aufferendo bonas cesalias argenti de camera monete et ponendo loco earum de cesaliis de rame et « miscendo similiter, etc., per ea que dieta et lecta sunt in ipso Consilio de XL contra dictum Victorem capta fuit pars « quod contra dictum Victorem procedatur. Et fuerunt date ballote trigintauno, de quibus fuit una in non sincero, et nulla « fuit de non procedendo, et triginta fuerunt de procedendo contra ipsum. Et postea, positis 'ibidem diversis partibus, fina-« liter capta fuit pars in ipso Consilio quod amputetur dicto Victori manus dextra et perpetuo banniatur de Veneciis et « districtu, scilicet a Grado usque ad Capudaggeris, et si umquam venerit in forciam dominii infra dictos confines ampu-« tetur sibi manus altera, scilicet sinistra. Et nichilominus rebanniatur perpetuo a Grado ad Capudaggeres, ut est dictum. « -J- Die predicto fuit hec pars exequuta (in margine) ». Con questa pagina di un volume di Raspe (intendasi come rubricario, repertorio) dell’avogaria di comun non abbiamo esempio di istruttoria per conto di superiori consessi investiti di funzioni giudiziarie, ma registrazioni di sentenze. Qui due delle sentenze annotate vennero dal consiglio dei ? dieci, una dalla quarantia criminal: nel primo e nel secondo caso nè pure è accennato all’ incriminazione, facendo resultare soltanto la legalità del procedimento : si ricorda la citazione (fuit placitatus), l’esame dei vari elementi processuali (ea que dieta et lecta sunt), la discussione della proposta sentenza e di altre proposte a confronto (positis diversis partibus). Il terzo caso, la pena inflitta ad un falsatore di zecca ha di più la descrizione del reato. Le croci in margine sono segno di parte presa. Parecchie volte nei registri dell’ Archivio veneziano si trovano trascritte proposte di deliberazioni non approvate con sufficiente numero di voti : manca, allora, in margine la croce. Di più si vede in questi registri segnato in margine il ricordo dell’avvenuta sentenza. Il nobiluomo Giovanni Storiato solvit: pagò le dugento libbre cui era stato condannato, e l’azione fu così estinta. Nel giorno medesimo della sentenza, essa fu eseguita su Vettor Pocapaia ; vuol dire che allo sciagurato fu mozzata la destra. Arch. di Stato, Avogaria di Comun, Raspe, 1, 2, c. 12 t.