50 CAPITOLO I. nirnis et spaciosa (|); poco men di due secoli dopo, nel 1365, la piazza sembrava al Petrarca così bella da fargli esclamare: nescio an terrarum orbis parem habeat. Sulla piazzetta, di contro al palazzo dei dogi, erano botteghe, alberghi per forestieri, le panetterie e le beccherie; e intorno alle due colonne tenevano mercato pescivendoli e poliamoli. Nel 1342 si gettarono le fondamenta del molo, e nel 1363 si rifabbricò di legno il ponte, detto della paglia dalle barche cariche di paglia, che quivi approdavano. Sotto l’officina della moneta, che sino dal 1177 s’alzava dove il Sansovino eresse la massiccia Zecca, era la pescheria, e dove adesso verdeggiano i giardini reali, erano le prigioni e alcuni cantieri o squeri, che nel 1298 lanciavano nelle acque quindici galere. Trasportati altrove i cantieri, furono, nel 1340, eretti su quell’area, detta Terranova, i pubblici granai di San Marco. Accanto, una gabbia di leoni (2> e le scuderie dei dogi. L’amore dell’equitazione, vivissimo nel doge Lorenzo Celsi (1361-1365) <3> e nel doge Michele Steno (1400-1413), il quale ebbe le più belle scuderie che fossero allora in Italia, non era un lusso riservato solamente ai dogi; tanto è vero che, per un esempio, nel 1392 fu proibito ne’dì festivi, pel grande concorso di gente, di percorrere la merceria con cavalli, e questi, ad ogni modo, dovevano sempre avere la sonagliera(4). Il vecchio palazzo di Agnello Partecipazio, incendiato nella rivolta del 976 contro il doge Candiano, fu cominciato a ricostruire da Pietro Orseolo I e condotto a compimento nel 1006 da Pietro Orseolo II (5>. Nel 1001 vi avea soggiornato, per breve ora, l’imperatore Ottone III e ne aveva esaminato con diligenza la decorosa bellezza — ad palacium advenit omni dequoritate illius perlustrata <6). Nel 1105 il palazzo bruciò un’altra volta; rifatto dal doge Ordelafo Falier, vi potè trovare ospitalità nel 1116 l’imperatore Enrico V. Doveva avere l’aspetto dei rubesti castelli dell’età di mezzo, con le torri ai lati, le mura merlate con le bertesche, i piombatoi, le vedette, e intorno i fossati di difesa, coi ponti levatoi (7>. Quando le minaccie dei nemici di fuori e le turbolenze interne quetarono, portici e logge s’aprirono dove erano mura e torrioni, e sotto Sebastiano Ziani il ^palazzo fu rinnovato e allargato — renovavit et auxit, come dice la cronaca del Dandolo — e al Signore di Ville-Hardouin parve, nel 1202, mou.lt riche et biaus <8>. Più i tempi procedevano, più si voleva che fosse degno dei rappresentanti di sì forte stato: la facciata sul molo fu compiuta nel 1404; nel 1424 si demolì quanto ancor rimaneva della vecchia fabbrica del doge Ziani, e prima della metà di quel secolo sij condusse a termine la ricostruzione, dalla settima colonna del prospetto sulla piazzetta fino all’ingresso principale dello stupendo edifizio. A San Marco, intorno al sacrario dell’Evangelista e al palazzo dei dogi, avevano stanza le magistrature civili e politiche; a Rialto ferveva la vita mattiniera, tra l’affaccendarsi dei navigatori e dei mercadanti. Nel mercato a cui misero capo i traf-ici di tutto il mondo, v’ erano, fin dal secolo decimo, solai, botteghe, un macello, (1) Sanudo, Vite dei Dogi, ed. Monticolo, pag. 302, n. 4. (2) Nei primi anni del secolo XIV una gabbia, in cui erano chiusi un leone e una leonessa, donati alla Repubblica dal re di Sicilia, Federico d'Aragora, era collocata nella corte del palazzo ducale. Il 12 settembre 1316 la leonessa partorì tre leoncini. Arch. di Stato, Pacta, vol. IV, c. 13. (3) Sanudo, Vite dei Dogi, in « Rer. Ital. Script. » cit., col. 960. (4) Arch. di Stato, .11. C., Leona, c. 60, 29 ag. 1392: « Quod prò obviando multis malis, que in currendo equos in diebus festlyis in platea sancii Marci possent occurrere, vadit pars quod de cetero aliquis non audeat currere aliquem equum • in platea sancti Marci in diebus festivis sub pena scuticatarum vigintiquinque aut librarum vigintiquinque parvorum... ». d„xit>) d' Q,OVANNI D,*C-' Pae' 1W’ SCrÌVe di Pietro 0rseol° 11 : ‘ ceptique pallatii opus ad unguem per- (6) Ibid., pag. 162. (7) P. Paolftti, ¡.'arch e la scult, del Rinascimento in Veti., Venezia, 1893, p. II, pag. 153. (5) Geoffroy df. Villf.-Hardouin, De la conquête de Constantinople, Paris, 1838, pag. 6, c. XII.