338 CAPITOLO X. naventura e Dardi di Francesco di Cavaso. Ed è creduto, ma senza sufficienti prove,, di un anonimo scultore veneziano il sacro fonte di singolare bellezza del battistero di Firenze (I>. La scultura, congiungendo l’ispirazione dell’arte toscana alla gagliarda espressione nordica, sale a maggiori altezze con due tra i più insigni artefici dell’età di mezzo, i fratelli Jacobello e Pietro Paolo di Venezia, chiamati in qualche documento Dalle Masegne (dai macigni), la materia del loro mestiere, dal quale con cara semplicità s’intitolavano taiapiera. A Bologna dei due fratelli veneziani era il deposito marmoreo (1383), di PARTICOLARE DELL’ARCONE DEI MESI DELLA PORTA MAGGIORE DELLA BASILICA MARCIANA. cui non restano che due frammenti, del lettore di diritto canonico Giovanni da Legnano, che sorgeva nel chiostro di San Domenico, e la splendida ancona marmorea del tempio di San Francesco, compiuta nel 1392. Nel 1399, i due scultori erano a Milano e operavano nella fabbrica del duomo, e quindi nel castello di Pavia del duca Gian Galeazzo ; poi, nel 1400 e nel 1401, il solo Pietro Paolo faceva a Mantova la tomba, ora frammentaria, di Margherita Malatesta e la facciata del duomo, distrutta da gran tempo <2>. In patria, Jacobello e Pier Paolo lasciarono sull’ iconostasi di San Marco le (1) A. Venturi, St. dell'arte cit., voi. IV, pagg. 759-779, 784. (2) Nava, Metti, del Duomo di Milano, voi. I, pagg. 81-82; Giulini, Meni, di Milano, voi. XI, pagg. 456, 598; Rambaldi,. Nuovi appunti su lacobello e P. Paolo da Venezia, in « Venezia, Race, di studi ecc. » cit., ed. dal Museo Correr.