222 CAPITOLO VII. console veneziano in Soria(1). Erano i consoli i rappresentanti del doge; eleggevano viceconsoli o visdomini nelle terre prossime alla loro residenza, esigevano una specie di tassa, detta cottimo, sul valore delle merci, curavano il benessere delle colonie, o facendo da sè, o ricorrendo al parere dei nobili residenti, mantenevano le buone relazioni con la cittadinanza indigena e con le altre colonie, s’opponevano ad ogni minaccia e ad ogni sopruso, sempre pronti là dove li chiamasse l’onore di San Marco (2>. In sèguito, al pari di Genova, anche nell’ordinamento delle sue colonie la Repubblica attuò quella progressiva concentrazione giurisdizionale che febbe per effetto una più forte e più robusta coesione tra i molteplici stabilimenti coloniali, che furono vigilati e retti da un solo rappresentante, un bailo a Costantinopoli ed a Tana, un console NAVI, Particolare del quadro « San Giorgio uccide il drago » del Carpaccio. (Oratorio di S. Giorgio degli Schiavoni). generale a Tiro, poi a San Giovanni d’Acri. Invece nei territorii di diretto dominio, e soprattutto nel vasto arcipelago dell’Egeo, disseminò fedeli sudditi, che senza perdere la loro caratteristica nazionale di patrizi mercanti, accoppiarono di fronte agli indigeni un’autorità principesca e feudale, e una larga autonomia, alacri vedette della patria potenza, come i Sanudo, creati duchi di Nasso, i Dandolo signori di Andro, i Quirini di Stampalia, riuscendo per questa via ad un felice e sapiente connubio degli interessi mercantili della vita coloniale e di quelli interni dei territori dominati. All’attività delle armi e dei traffici, all’accortezza onde si trattavano gli affari esterni, corrispondevano all’interno i provvedimenti più validi per ben dirigere, promuovere e tutelare il commercio e la navigazione. Oltre ad alcune magistrature civili, come i cattaveri e i giustizieri, ai quali spettava anche qualche provvedimento commerciale, sostituirono nel secolo XIII i consoli e gli ufficiali dei mercanti, soprintendenti speciali alle cose del commercio. Il consiglio minore del doge vigilava pure sulla marineria e sulla navigazione, intorno al cui ordinamento curiosi particolari ci sono offerti dal Liber comunis, che già conosciamo, detto anche Plegiorum per i numerosi (1) Tafel e Thomas, Urkunden cit., voi. I, pag. 77. (2) Zambler e Carabellese, Le relaz. comm. fra la Puglia e la Rep. di Veti, dal sec. X al XVI, Trani, 1898, voi. II, pag. 20.