LE CONSORTERIE DELLE ARTI ECC. 161 giva alla giurisdizione dei giustizieri e godeva di una propria autonomia. Se il lanificio a Venezia, molto modesto nelle sue origini per la mancanza di strumenti tecnici, che gli venivano ancora nei secoli XIII e XIV dai più fiorenti lanifici di Padova e di Treviso, non conseguì d'un tratto la floridezza economica e la perfezione tecnica propria di quelli delle città lombarde e toscane, potè tuttavia in processo di tempo ordinarsi in un complesso capace di tutte le operazioni, e, producendo in gara con quelli di terraferma, estendersi in un’ampia zona del sestiere di Dorsoduro(1>. La ma-riegola dell’arte della lana è ornata di miniature che ci mostrano gli operai lanieri in veste lunga con maniche strette, berretto e cappuccio. Più gloriosa la scuola dei pittori, il cui capitolare fu riformato dalla giustizia vecchia alla fine del 1271, e che, dopo essersi raccolta da principio presso i monaci benedettini di San Filippo e Giacomo, si trasferì nella chiesa di San Luca, ma dando ordine al luogo delle adunanze soltanto nel 1436, e nel 1518 alla comune sepoltura. Divisi in parecchi colonnelli, gli antichi pittori ci appariscono intenti ad umili lavori di arte industriale: il capitolare regola la buona ed onesta costruzione di armature del capo dette cappelline, di scudi, di rotelle, di targhe, di selle, di cofani e cassoni nuziali, di piatti da mensa e da cucina, di deschi, distinguendo anche per gli scudi e per le selle il lavoro conveniente al mercato veneziano dall’altro adatto al commercio in Levante. Soltanto nell’aggiunta del 1283 comparisce un accenno alle ancone ossia alle immagini (sixóva) della Vergine e dei santi, esposte per devozione, oltre che nei luoghi sacri e nelle case, anche per le vie e le piazze, dove ardeva loro dinanzi una lampada. Così intravvediamo l’attività degli artefici di più alto lavoro, quei madoneri che sappiamo aver percorso un faticoso cammino lungo le vie della tradizione bizantina, talvolta accogliendo qualche riflesso della nuova luce dell’arte italiana; e con essi, a mezzo il Trecento, si trovano poi i pittori a smalto sul vetro e i miniatori ed i musaicisti. La mariegola del 1436, nella quale gli artisti più elevati si possono vedere un po’ meglio da vicino, è quasi sempre la redazione volgare del testo latino, compilato dal notaio dei giustizieri vecchi verso la fine del Dugento (2>. Mantenuti anche i pittori nell’ambito delle severe discipline, comuni a •ante altre arti, non potevano avere nella loro bottega più di un ragazzo apprendista (1) I! più antico ricordo dell’arte della lana si legge nella deliberazione del maggior consiglio in data 20 agosto 1272. Per essa fu stabilito che i lavori di pertinenza di quell’arte si facessero a Torcello e nelle altre isole e contrade di quel podestariato. Il podestà di Torcello aveva l’obbligo di dare le case a quegli artigiani, e probabilmente ogni casa era la sede di un piccolo opificio. Un decreto del 1306 revocò la terminazione del 1272, e stabilì che l’arte della lana si esercitasse pure a Venezia. Monticolo, Spigolature d'Archivio, in « N. Arch. Veneto », voi. Ili, a. 1892, pag. 358. (2) La mariegola dei pittori del 10 aprile 1436 fu da noi pubblicata per la prima volta col titolo Statuto dei pitt. venez. del sec. XV, per nozze Mainella-Carlini, Venezia, 1884, e nella Gazzetta lett. e scientifica, Torino, 9 agosto 1884. Molmenti, La Storia di Venezia nella Vita Privata — P. I. 11