LA SCULTURA, LA PITTURA E LE ARTI MINORI 351 dine: santi, pontefici, cardinali e frati. Sono creduti suoi per certe analogie di stile anche gli affreschi delle storie di Sant’Orsola, che erano nella demolita chiesa di Santa Margherita e furono portati al museo civico Di questo fervore artistico, diffuso nelle città di terraferma, i pittori veneziani quasi non si avvidero. Giotto aveva appena compiuto gli affreschi di Padova, e Venezia mostra come primo importante saggio pittorico il paliotto, messo a oro e a colori, della basilica dei Santi Maria e Donato di Murano <2). Nel mezzo è scolpito e dipinto San Donato, vestito degli abiti vescovili, ai piedi del quale due figurine genuflesse rappresentano il podestà di Murano, Donato Memo, e sua moglie. L’iscrizione, MADONNA, SANTI, IL DOGE DANDOLO E SUA MOGLIE (1340). (Sagrestia della Salute). uno dei saggi più antichi del dialetto veneziano, dice: Corando MCCCX indicion Vili in tempo de lo nobele homo miser Donato Memo honorando podestà de Murati facta fo questa anchona de miser S. Donato. Quantunque l’opera sia annunzio di più liberi esperimenti, l’arte è tuttavia impacciata, come nel polittico della chiesa di San Silvestro, negli avanzi dipinti nel 1321 dell’arca in legno del beato Leone Bembo, ora nella cattedrale di Dignano in Istria <3>, in una tavola, nella sagrestia della Salute, che rappresenta la Vergine col doge e la dogaressa e che riempiva l'arco ogivale soprastante il sepolcro del doge Francesco Dandolo (1340), e in alcune altre tavole delle chiese di Venezia e di Chioggia e delle gallerie italiane e straniere. (1) Bailo, Degli affreschi salvati nella demolita eh. di S. Margherita, Treviso, 1883. (2) Il Cicognara, il Selvatico ed altri hanno classificato questo bassorilievo fra le sculture; il Cavalcaselle (5/. della Pitt., voi. IV, pag. 266) fra le pitture. (3) L’arca del beato Leone stava in Venezia nella chiesuola di San Sebastiano, già annessa alla chiesa di San Lorenzo e da più anni distrutta. M. Caffi, Pitt. in Ven. cit. ; Caprin, Marine istriane, Trieste, 1889, pag. 310.