2Ò6 CAPITOLO Vili. grosso effettivo o di zecca era destinato in queste condizioni a scomparire dalla circolazione come si verificò fra il 1350 ed il 1380, laddove il conteggio era fatto in grossi ideali, detti grossi di ducato o di mezzanino, di valore inferiore a quello effettivo. E quando questo nel 1379 fu ripristinato, fu coniato alla parità di s. 4 di piccoli (piccoli 48) e di grossi 18 per ducato, pur continuandosi a calcolare la lira sulla base di grossi di ducato anziché su quella di grossi effettivi. Solo più tardi colla rivalutazione della circolazione aurea, il grosso effettivo ritornò, rispetto all’oro, alla sua posizione normale, ma la svalutazione della moneta piccola fu corretta attraverso adattamenti di nuovi tipi, che però non alteravano la struttura tradizionale del corso legale, quale sostanzialmente risultava dalla legge del 1328. Del Foscari è il mezzanino o mezzo grosso, di soldi 1 1/5J; valendo allora il grosso soldi 3 (peso grani 22 d’argento). II soldino cenoglelo e il soldino mezzanino erano di prezzo di 9 piccoli; il grossone di Francesco Foscari pesava grani 61 e valeva soldi 8, perchè il grosso era salito a soldi 4. Il quattrino era un quarto di soldo; il bagattino un dodicesimo, vero denaro di rame, che durò da Pasquale Ma-lipiero (1457-1462) sino ad Alvise Contarini (1676-1684). Niccolò Tron (1472) coniò la prima lira effettiva di 126 grani con 120 di fino argento, Riassumendo, è certo che dalle stesse prime monetazioni effettive dei veneziani derivarono le due principali monete di conto : lira di piccoli e lira di grossi. Per alcuni secoli si coniava solamente il denaro o dugenquarantesima parte della lira, che, col crescere progressivo del valore dell’argento, andò diminuendo di peso e d’intrinseco fino a ridursi a un esiguo pezzo di cattivo metallo e rese necessaria l’istituzione di una nuova moneta d’argento detta ducato o denaro grosso. Allora il vecchio denaro si disse parvus, parvulus, piccolo e anche minuto e la lira corrispondente si chiamò di piccoli (libra parvorum) laddove quella costituita da 240 pezzi della moneta nuova fu detta di grossi. La prima rimase sempre la principale e più importante moneta di conto che dallo scorcio del sec. X durò fino alla caduta della Repubblica (I). L'altra, come vedemmo, arrivò in un certo momento (1381) ad essere uguale a 10 ducati d’oro. Questa parità, comoda assai per il conteggio, resistè alle successive mutazioni e la lira di grossi prese per base il valore aureo divenendo sinonimo di dieci ducati d’oro. Quando il grosso fu ridotto di peso e alla parità di 48 piccoli, volendo conservare la prima sud-divisione per mantenere la stessa forma di calcolo, si adottò la denominazione di libra di grossi a oro, di cui il grosso composto di 32 piccoli era ideale e non effettivo, come non era più effettivo il piccolo. Questa lira prese anche il nome di lira d’im-prestidi, perchè usata appunto nelle transazioni di grande importanza come sono quelle del debito pubblico e durò del pari sino alla fine della Repubblica. La lira di banco, non è che la lira d'imprestidi o di grossi aumentata di un aggio fino del 20 % e poi di un sopraggio variabile. Le libre auri, mentovate negli antichi documenti, vogliono alcuni che fossero libbre d’oro di peso, altri monete d’oro così chiamate ; e così dicono fosse la redonda, che nessuno mai vide; a noi parrebbe ipotesi probabile si trattasse di lire, i cui denari fossero rappresentati da monete d’oro, come da monete d’argento, le libre argenti. Oltre alla lira, come unità monetaria di con- fi) Nel corso del tempo la lira, per la limitazione del suo metallo fino, andò peggiorando di valore, così che la lira veneta, corrispondente sulla fine del secolo XVI a 1,203 delle nostre lire italiane, alla caduta della Repubblica ebbe un valore di circa mezza lira italiana, cioè il valore rappresentato da una quantità d’oro di g. 0,158.