360 CAPITOLO X. nato del Fabrianese, seguì il maestro a Brescia e a Firenze, e in quest’ultima città gli accadde un fatto che mostra la sua indole focosa e a un tempo remissiva. L’incidente è narrato in una petizione del 3 aprile 1425, portata alla Signoria di Firenze prò parte Jaeobi Petri pietoris de Venetiis, famuli et diseipuli magistri Gentilini pic-toris de Fabriano (2>. Jacopo stesso narra come, nel giorno 11 giugno 1423, un tal Bernardo di ser Silvestro, con alquanti giovani suoi compagni, cominciasse a scagliare sassi in una corte, dove Gentile da Fabriano aveva posto alcune sue pitture e sculture di gran pregio. Jacopo, per comando del maestro, andò a rimproverare Bernardo dicendogli: « Tu fai « una grande villanìa, essendo oggimai grande come « un uomo ». Insofferente di rampogne, il giovine si volse impetuoso e venne alle mani con Jacopo, che lasciò l’avversario malconcio. Senza pensare più all’accaduto, il Bellini, dopo poco tempo, partì sulle galee fiorentine per il Ponente. È da notarsi questo particolare importante nella vita artistica dell’artefice, il quale in Fiandra potè vedere i nuovi miracoli della tecnica dei van Eyck. Allora ser Silvestro, padre di Bernardo e amico dell’esecutore di giustizia, accusò e fece condannare in contumacia Jacopo, per aver assalito e malamente percosso il figliuolo. Ritornato dopo un anno il Bellini a Firenze, fu preso, il 24 ottobre 1424, e rinchiuso nel carcere delle Stinche sino a che non avesse pagato venticinque lire di multa. Avuta la pace e il perdono da Bernardo, il povero pittore chiede alla Signoria condonazione della multa, ma gli è solo concesso d’essere offerto a San Giovanni nella Pasqua del 1425, andando alla chiesa col capo scoperto, il torcetto e le trombe innanzi, con quella usanza dei rei perdonati, che Dante aveva respinto circa un secolo prima, sdegnando di ritornare in patria per quella via. Dopo la disgraziata avventura è probabile che Jacopo abbia fatto ritorno alla sua Venezia. Quivi, nel 1429, lo troviamo abitante in contrada di San Geminiano, ammogliato con un’Anna, di famiglia pesarese, la quale, il 6 febbraio di quell’anno, essendo vicina al parto, fa testamento, come allora usavano molte gestanti, nella tema di morire(3). Anna gli diede un figlio, Gentile, e una figlia, Nicolosia; il terzo figlio Giovanni nacque dopo e fuori del matrimonio ; il che fa argo- (1) Gentile da Fabriano fu a Brescia dal 17 aprile 1414 al 18 settembre 1419. Cfr. Zonghi, Gentile a Brescia, per nozze Benigni-Cerbelli, Fabriano, 1908. (2) Vasari, Vite (Vita di Jac. Gio. e Gent. Bellini), voi. Ili, pag. 150, ed. Milanesi, Firenze, 1878. Il documento conferma la veridicità di tutti i biografi, cominciando dal Vasari, i quali hanno affermato che Jacopo era allievo di Gentile da Fabriano, giacché questa sua qualità ivi è notata. Fu tuttavia messa in dubbio da Adolfo Venturi, il quale credette che l’allievo del Fabrianese a Firenze, fosse un omonimo, perchè in quel documento Jacopo è chiamato figlio di Pietro, laddove era veramente figlio di Niccolò, che faceva il suo testamento nel 1424. Ma il Cantalamessa ragionevolmente osserva che per scrollare un racconto sì antico, non basta questa discordia di nomi, dovuta con ogni probabilità alla svista d’uno scrivano. E poi, aggiunge il Cantalamessa, il documento era a danno della fama di Jacopo Bellini, forestiere a Firenze, il quale, indispettito e bisognoso di fare quel che poteva perchè il suo nome rimanesse incontaminato a Venezia, avrà forse, per proposito, denunciato falsamente il nome di suo padre, essendo questo un punto in cui infine il reo e il testimonio si confondevano nella stessa persona. Cantalamessa, op. cit., pag. 11. (3) Testi, St. della pitt. veti, cit., voi. II, pag. 154.