LE CONSORTERIE DELLE ARTI ECC. 147 zione di mestiere, legalmente costituita e riconosciuta dal pubblico potere, al quale è soggetta. Essa riceve gli statuti dal competente magistrato, l’ufficio dei giustizieri, diviso nel 1261 in due sezioni, dei vecchi e dei nuovi: l’ufficio di polizia sulle arti del lavoro, riservato ai primi; la sorveglianza sui mestieri di coloro che vendevano generi alimentari, affidata ai secondi. L’arte diventa l’officio che aduna coattivamente per fini economici e tecnici tutti gli esercenti del mestiere. Lo Stato impone ai confratelli molte restrizioni: li obbliga ad entrare nelle scuole corrispondenti, comanda l’osservanza di molti doveri tecnici disciplinari e tributari. Per ciò tra l’aristocrazia gelosa del potere e la ricca borghesia mercantile, che s’aggiunse alla prima per formare con la serrata del ANTONIO CANAL DETTO IL CANALETTO — LA CHIESA E LA SCUOLA DI SANTA MARIA DELLA CARITÀ. (Londra, Galleria Nazionale). maggior consiglio una classe chiusa di governo, il popolo fu costretto a svolgere nelle consorterie la sua azione esclusivamente in relazione agli interessi del mestiere (1). Se il Governo vigilava sospettoso affinchè l’arte non trascendesse dal suo carattere prevalentemente economico, senza alcuna attiva partecipazione alla vita politica dello Stato(2>, d’altra parte vedeva con compiacenza espandersi nelle consorterie delle arti l’esuberanza delle forze popolari. E il concetto che guidò sempre i governanti. Essi, stimando opportuno guadagnarsi con benefizi coloro ai quali avevano tolto l’autorità politica, non trascuravano alcuna occasione per onorare gli operai, specie quelle classi che, per numero e per natura di lavoro, potevano determinare uno spostamento nell’equilibrio del regime cittadino: come, per esempio, quella degli arsenalotti, i quali furono sempre blanditi e favoriti da privilegi e da prerogative. I capi loro, i maestri, (1) Monticolo, I capitolari cit., voi. II, pagg. CXL, CXLI. — Il più antico capitolare che ci sia pervenuto è quello dei giubbettieri del 1219. (2) Ibid., voi. II, pag. CXXXI.