40 CAPITOLO I. Alcuni dossi, composti di terreno calcare, sparso di tritume di crostacei, dal greco xu/i(ioi (mucchio di terra), furono chiamati tombe, altri formati di melma, velme e barene e via dicendo <*>. I nomi particolari dati ad alcuni di questi dossi son ricordati appena in qualche antica pergamena; altri vivono ancora, come Barbarla, Biri, Cam-po-Rusolo (Orseoio), Canalecto o Canaredo (Cannaregio), Mendigoli, Gallion, Quinta valle, Teran. Zattere ecc. Uniti a poco a poco con ponti, formarono la città, che dopo la metà del secolo XII fu divisa in sestieri <2> e in trenta circoscrizioni territoriali, denominate appunto trentacie, composta ciascuna di due contrade <3>. Tre sestieri, Oli-volo (Castello), San Marco e Cannaregio, erano divisi dal Canalgrande dagli altri tre: San Polo, Santa Croce e Dorsoduro. Non sono da ricordarsi, se non come curiosità, certe vedute fantastiche, più o meno antiche, di Venezia nascente, ma è invece di molta importanza la Pianta di Venezia illustrata dal Temanza, forse delineata a mezzo il secolo XII, ma copiata però dopo quei tempo con l’aggiunta di edifizi, che nel primo originale non potevano essere. La città appare nel suo profilo poco dissimile da quella d’oggi : a forma di cuore con la punta rivolta ad oriente; è tutta seminata di chiese e attraversata dalla linea tortuosa del Canalgrande, che unisce le sue alle acque dei grandi canali di navigazione della laguna. Distanti dal centro principale di aggregazione e sparse per la laguna sono altre isole, che formano come il suburbio di Venezia, e furono rese amene e ricche di splendidi edifizi, quando Venezia illuminò le sue acque con la bellezza de’ suoi monumenti. A levante della città, l’isola chiamata dei Cipressi poi di San Giorgio, Santa Maria della Cavana poi delle Grazie, San Servolo, San Clemente, Santa Maria di Nazareth, Popilia (Povegia), San Lazzaro, Sant’Elena, Sant’Andrea del Lido e Certosa. A settentrione, San Michele, San Cristoforo, Murano, Mazzorbo, Burano, Torcello, e altre isolette desolate, corrose, distrutte dalle acque, come Ammiana, dove ebbero sepoltura parecchi antichi dogi, Costanziaca, Falconarla, Centranica, Olivaria, Marcellaria, Ca-strasia. Sul lido di Sant'Erasmo una selva di pini segnava ai naviganti la via ai porti di Venezia ; presso a quel lido, l’isoletta di San Francesco del deserto (4>. Al canale dei Treporti termina la laguna e s’apre l’Adriatico: le acque chiuse si mescono con quelle del mar libero. 11 mare è il vasto regno, in cui Venezia aveva cominciato a espandere la sua vita storica; la laguna il chiuso porto, in cui essa raccoglieva le sue forze, il sicuro asilo che in grazia dell’arte e della ricchezza diveniva sempre più comodo e bello. Ma 1 acqua che era stata la difesa di Venezia, fu anche il suo flagello. Coll'andar del tempo I infezione palustre penetrò a poco a poco anche nel più intimo ricetto della laguna. Porcello incominciò a impaludarsi nel secolo XIII, e nel Cinquecento gran parte de’ suoi abitatori si trasferì a Murano. Amiana, celebre per il chiostro dei Santi t elice e Fortunato, Costanziaca, superba del monastero di Sant’Adriano, furono, alla metà del secolo XV, abbandonate. Il territorio di Sant’llario, a quattro chilometri e mezzo a ponente di Fusina, era circondato da stagni nel 1443, e Marco Cornaro, savio alle acque, il primo efficace apostolo della salvezza della laguna, guardava con dolore, deserta e diroccata, « la ricca et nobil Abbatia de S. Illario et Benedecto, in (1 ) Dossi, scanni, bari, barene, polesini, tombe, ore (spiagge), velme, fanghi, sono denominazioni delle varie sporgenze lagunari. (2) Pare che la città fosse divisa in sestieri nel 1171, sotto il doge Vitale Michiel. 13) Ciò è dimostrato da un documento dell'aprile 1207. Lenel, Die Entstehung der Vorherrschaft Venedigs an dcr Adria nut Beitràgen zar Verfassungsgeschichte, Strassburg, 1897, pagg. 136-140 (4) Temanza, Antica pianta cit., pag. 60; Bfrn. Trevisan, Della lag. di Yen., Venezia, 1715, pag. 79.